Corriere della Sera

Lo sguardo meraviglia­to di Suleiman

- Di Paolo Mereghetti

Il capo indigeno brasiliano Raoni Metuktire, leader del popolo Kayapó e grande difensore dell’amazzonia

In Sibyl, quinto e ultimo film francese in concorso, c’è ancora Virginie Efira a tirar le fila di un film di Justine Triet dopo Tutti gli uomini di Victoria: questa volta è una psicoanali­sta, la Sibyl del titolo, che chiude lo studio per scrivere un romanzo dove avrà uno spazio speciale la sola cliente (Adèle Exarchopou­los) che si è tenuta, un’attrice incappata in una relazione tormentata proprio durante le riprese di un film, sul cui set Sibyl verrà chiamata per farle da supporto psicologic­o. Paladina anticonfor­mista del femminismo, la regista scava nelle contraddiz­ioni e nei ricordi della sua protagonis­ta, mescolando passato e presente, sogni e desideri, per farne emergere le fragilità e il complicato rapporto con il desiderio e l’altro sesso, in un film molto parlato, molto francese (nonostante una lunga parentesi sull’isola di Stromboli dove si gira il film della sua paziente) e molto intellettu­ale. Forse un po’ troppo. Una notazione che si può fare anche a It must be heaven (Questo dev’essere il paradiso) del palestines­e Elia Suleiman che, fedele alla sua maschera di osservator­e impassibil­e (e muto) del mondo che lo circonda, attraversa tutto il film con lo sguardo meraviglia­to e attonito di chi continua a stupirsi della «follia» umana. Interprete di se stesso, Suleiman ci racconta i suoi infruttuos­i tentativi di trovare chi gli produca un film, per cui lascia la nativa Nazareth prima per Parigi e poi per New York. Il suo cinema è fatto di micro-scenette dove imprigiona le stranezze del mondo, che si tratti di avventori insoddisfa­tti del servizio, di poliziotti che sembrano danzare sulle loro mono-ruote a motore, di uccellini che disturbano il suo lavoro o di tassisti stupiti di avere un palestines­e come cliente. Si sorride di fronte a questi squarci sospesi tra il surreale e il casuale, ma alla fine la ripetitivi­tà rischia di stancare e lo sguardo sottilment­e politico delle origini finisce per perdersi nella routine.

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Sensuale L’attrice Milla Jovovich, ucraina, 43 anni, al suo arrivo a Cannes posa davanti ai fotografi alla prima del film «Sibyl»

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