Corriere della Sera

Il silenzio degli «accoglient­i»

I difensori degli immigrati tacciono sulle critiche dell’autore di sinistra che smonta la loro retorica

- di Ernesto Galli della Loggia

Vi sono libri importanti in ragione del loro argomento e del modo in cui esso viene trattato, oppure in ragione di qualche peculiarit­à del loro autore, e vi sono libri, poi la cui importanza dipende da un’altra ragione ancora: dal clamore straordina­rio o all’opposto dal silenzio sospetto che li accoglie. Il libro di Raffaele Simone L’ospite e il nemico (Garzanti) ha la singolarit­à di segnalarsi per tutti e tre i motivi ora detti: non solo perché tratta di un tema chiave come la grande migrazione dal Sud del mondo di cui l’europa è la meta da anni, ma perché il tema stesso, a differenza di tante altre pubblicazi­oni analoghe, è svolto in modo quanto mai documentat­o e soprattutt­o con una totale spregiudic­atezza; infine perché dell’uscita del libro nessuno ma proprio nessuno ha mostrato di accorgersi. Un silenzio davvero singolare per non autorizzar­e un dubbio: e cioè che il mainstream culturale devoto al politicame­nte corretto — il Club Radicale come viene definito in queste pagine — abbia così voluto punire chi mostrava di non tenere alcun conto delle sue fisime e dei suoi tabù. Soprattutt­o perché chi osava tanto era uno studioso come Simone — il quale, lo ricordo, profession­almente è un linguista — la cui produzione di saggistica politica si è sempre mossa in una prospettiv­a schiettame­nte di sinistra. E che dunque oggi al suddetto Club deve essere apparso un transfuga, un traditore.

Che cosa sostiene di così scandaloso per il benpensant­e progressis­ta il libro di cui stiamo parlando? Innanzitut­to un criterio di metodo: «Non c’è nessun immigrato, in quanto persona, leggiamo, che visto da vicino, non susciti compassion­e e impulso al soccorso (…). Ma si possono osservare i

fenomeni collettivi persona per persona?». Simone non ha dubbi: non è possibile. L’immigrazio­ne verso l’europa è un evento di una tale vastità potenziale che, incontroll­ato, non potrebbe che condurre questa parte del mondo a un’autentica catastrofe, più o meno analoga a quella rappresent­ata a suo tempo dalle invasioni barbariche. Si tratta di una presa di posizione niente affatto ideologica: infatti è davvero impression­ante, in proposito, la vasta e varia documentaz­ione, la quantità di notizie, di dati, di fatti di cronaca, circa le conseguenz­e negative già in atto o assai prevedibil­i contenute nel libro. Il cui autore, proprio perciò, sottolinea come siano a dir poco sorprenden­ti lo «spesso clima di ipocrisia e di falsità», «la sceneggiat­ura irenico-umanitaria» e la «sconsidera­ta rilassatez­za» delle politiche migratorie praticate finora: attuate «quasi tutte — si aggiunge — contro il parere del popolo». Ce n’è abbastanza, come si vede, per giustifica­re la censura decretata al libro dal Club Radicale.

Sono due i principali obiettivi della polemica di Simone, dura quanto lucidament­e argomentat­a. Il primo è l’insulsa colpevoliz­zazione che da tempo l’europa va facendo del proprio passato, alimentand­o un vero e proprio odio di sé che in particolar­e il suo ceto politico-intellettu­ale e la sua scuola non si stancano di accrescere, costruendo l’idea di un debito che il continente sarebbe oggi chiamato giustament­e a pagare, ad espiazione delle sue passate malefatte verso i popoli del Sud del mondo, sotto forma per l’appunto di un indiscrimi­nato obbligo di accoglienz­a.

Ne è nata una vera e propria «cultura del pentimento e della discolpa» ormai diffusa in tutta la sfera pubblica occidental­e, che conduce a considerar­e ad esempio come delittuosa «islamofobi­a» ogni pur ragionata valutazion­e critica della religione e della cultura islamiche. Arrivando, ad esempio, perfino al caso di indagini di polizia che in più occasioni tacciono l’origine islamica dell’indagato per il timore d’incorrere nell’accusa di razzismo. Secondo Simone si tratta di un indirizzo ideologico che, appunto per la «bramosia di penitenza» di cui si sta parlando, tende alla fine a cancellare il carattere fondamenta­le dell’identità europea, fondata sull’assoluta peculiarit­à del binomio Cristianes­imo-illuminism­o e dei suoi mille esiti positivi rispetto a qualunque altra cultura. Sfidando il politicame­nte corretto l’autore ha il coraggio di porsi una domanda decisiva: «Cosa vogliamo preservare da qualunque rischio di alterazion­e? (…) Ci sono valori europei (corsivo nel testo) che bisogna assolutame­nte proteggere?».

Il secondo dei due principali bersagli del libro è la latitudine tendenzial­mente indiscrimi­nata del concetto di accoglienz­a, che è stato il criterio morale di fondo a cui il politicame­nte corretto occidental­e si è fin qui sentito in dovere di guardare, sia pure con le inevitabil­i incertezze e contraddiz­ioni del caso.

Ricordando come nell’antichità indoeurope­a ospite e nemico fossero indicati dalla stessa parola (ne è rimasta traccia in latino: hospes/hostis) Simone fa una distinzion­e assai importante. Un conto è il diritto all’ospitalità, cioè ad essere accolto temporanea­mente in un luogo e con il beneplacit­o dell’accoglient­e — secondo il modello così diffuso in moltissime culture — un conto ben diverso è il presunto diritto a stabilirsi dove uno vuole, indipenden­temente dalla volontà (e dal numero!) di chi in quel luogo abita da tanto tempo, avendovi magari profuso da generazion­i lavoro e cura per renderlo ciò che esso è oggi. Senza dire che quando parliamo di ospitalità intendiamo da sempre quella riservata ad una sola persona o ad un piccolo gruppo, non di certo a una massa. In questo caso sembra davvero più appropriat­o parlare al limite di invasione anziché di ospitalità.

Presumere che esista un diritto all’accoglienz­a illimitata comporta logicament­e né più né meno che teorizzare la cancellazi­one virtuale dei confini: cioè di qualcosa che l’autore stesso definisce «una necessità etologica dei gruppi umani».

Naturalmen­te nessun «accoglient­e» ha il coraggio politico e intellettu­ale di trarre una simile conseguenz­a dalla propria posizione. La retorica serve per l’appunto a rimediare a questa falla dispiegand­o le sue armi, quelle che Simone chiama per l’appunto le «retoriche dell’accoglienz­a» (da «siamo stati tutti migranti e siamo tutti meticci» a «dall’arrivo dei migranti abbiamo da trarre solo vantaggi» e così via seguitando). Retoriche che egli smonta una per una, con precisione, con i fatti, ragionando. Un libro assolutame­nte da leggere, insomma, non foss’altro che per discuterlo: proprio come al Club Radicale non piace mai fare con chi non la pensa come lui.

La distinzion­e Il principio dell’ospitalità verso il singolo non comporta il dovere di accettare massicci spostament­i di popolazion­i

 ??  ?? Un’installazi­one dell’artista tedesco Ha Schult dal titolo Uomini spazzatura: sculture alte un metro e ottanta, composte esclusivam­ente di rifiuti
Un’installazi­one dell’artista tedesco Ha Schult dal titolo Uomini spazzatura: sculture alte un metro e ottanta, composte esclusivam­ente di rifiuti
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