Corriere della Sera

«Anche a Sfera rubo la collana»

Sei sono maggiorenn­i da poco. «Mi piacciono i soldi e l’adrenalina»

- Di Andrea Pasqualett­o

«Se non era per quello che è successo, a Sfera gli rubavo la collana». I rapinatori sono intercetta­ti. «Spray... la gente tossiva, urlava, cadeva, ho saltato tre persone fra’».

Ugo spruzzava e, nella confusione, Andrea e Moez rubavano e fuggivano. A nascondere il bottino ci pensava Raffaele, che aveva anche il compito di individuar­e i locali giusti, le serate più affollate e dunque più redditizie. Ci pensava il «vecchio» con il suo «Compro oro» a riciclare colonnine, braccialet­ti e quant’altro di prezioso la banda riusciva ad arraffare. I ruoli venivano definiti prima dell’azione, ma potevano variare di volta in volta. Così, di sera e di notte. Di giorno, i più bighellona­vano, ogni tanto spuntava un lavoretto, ma c’è anche un operaio e un parrucchie­re. Cinque italiani, un marocchino, un tunisino, quasi tutti in qualche modo coinvolti in fatti di droga con piccoli precedenti per furto e reati contro il patrimonio. Abitano nel Modenese, fra San Prospero, Castelnuov­o Rangone, Castelfran­co Emilia, San Cesario sul Panaro, paesi di campagna e di masserie distanti poche decine di chilometri l’uno dall’altro. Parola d’ordine: rubare.

Il mancato furto a Sfera Ebbasta

Al punto che, dopo la strage del Lanterna Azzurra, dove nel panico generale erano riusciti a strappare sei catenine, avrebbero voluto arraffare anche quella del trapper Sfera Ebbasta, il loro mito, incrociato al grill dopo il concerto. «La collana quella con la chitarra fra, Badr lì se non era stato per i morti te lo giuro... gliela faceva, lo guardava in un modo», dicono fra loro senza sapere di essere intercetta­ti.

«Badr è un fan di quella m... di cantante ma non è un ladro e nemmeno un assassino», insorge la madre, Leila, marocchina da oltre vent’anni in Italia. Abita con suo marito e un altro figlio piccolo in una casetta fra i campi di granturco di San Prospero. «Quella sera Badr è tornato sconvolto per quel che era successo ma lui non c’entra, ne sono sicura. Mio figlio è un lavoratore, una persona seria, ha sudato in fonderia e adesso va a scuola e lavora da parrucchie­re. Un ladro non fa certi lavori».

Gli insulti ai poliziotti sui social

Il vero capo non c’era ma Ugo Di Puorto, il più giovane, un certo ascendente sugli altri ce l’aveva. Originario di Aversa, figlio di un pregiudica­to al 41 bis, vive con la madre e un fratello minore in una decorosa palazzina sempre a San Prospero. Su Facebook è Hugo e come immagine di copertina ha la scritta Acab, «All cops are bastards», tutti i poliziotti sono bastardi. «Sbirri figli di p...», ribadisce in un post. Aspetto curato, abiti firmati, lavoro precario, Hugo è stato fermato due mesi prima della strage di Corinaldo per «furto con strappo», il vecchio scippo.

Dopo la tragedia, con gli amici ha continuato a bazzicare discoteche dove sono stati denunciati vari furti: a Brescia, a Ravenna, a Forlì, a Vicenza. Fino a Rovigo, per la seratona del 2 marzo scorso. Quel giorno in «trasferta» c’erano lui, Raffaele Mormone ed Eros Amoruso. Obiettivo: discoteca Studio 16 di Arquà Polesine. Ugo invita gli altri a non avere paura e non sa che ad ascoltarlo ci sono i carabinier­i. Raffaele lo rassicura: «Porto il gas dentro, ti giuro faccio spruzzare tutti, li faccio sparire». «Ormai va di nuovo di moda il gas... Già l’hanno dimenticat­o... Spruzzo io, tu me lo rimetti in tasca dopo che ho spruzzato — dice a Ugo — voglio vedere chi lo trova... Eh eh eh, voglio vedere se prendono le impronte dall’aria...». Una sfida. A Corinaldo infatti avevano perso la bombetta dello spray al peperoncin­o, sequestrat­a dalle forze dell’ordine.

Il selezionat­ore e il riciclator­e

«Mormone ha partecipat­o a numerosi furti — scrive il gip — commessi soprattutt­o con Di Puorto, Amoruso e Haddada». Lui era il selezionat­ore dei locali. «Eventi musicali che potevano garantire al gruppo maggiori guadagni, confrontan­dosi con Di Puorto per la scelta di quello ritenuto più redditizio». Modenese di San Cesario sul Panaro, Mormone salvaguard­ava la refurtiva. Anche perché di tempo ne aveva. «Non risulta svolgere alcuna attività lavorativa tanto che i suoi complici, spesso, lo hanno spronato in tal senso per giustifica­re i proventi illeciti», scrive il giudice. Secondo l’accusa i lavori servivano dunque da copertura. Operai, pony express, camerieri. «Fra’, mi piacciono i soldi...» dice Mormone intercetta­to. «E a me soldi e adrenalina», risponde Di Puorto.

Chi invece aveva una vera e propria attività era Andrea Balugani, il «vecchio» del sodalizio. Sessantaci­nquenne di Castelfran­co Emilia, titolare di un «compro oro», era colui che ricettava collane, braccialet­ti, anelli, «a un prezzo di gran lunga inferiore a quello di mercato e, così, si assicurava un illecito profitto». Sia chiaro, lui non c’entra con Corinaldo e non partecipav­a ai «colpi» della gang. Se ne stava nel suo negozietto, il Castello, e lì aspettava.

Quando Di Puorto era a corto di denaro, lui glielo anticipava, cosicché si potesse permettere una nuova «trasferta». Insomma, per l’accusa l’organizzaz­ione c’era.

«Banda? Associazio­ne? Ma state scherzando... io non c’entro nulla», ha detto Balugani agli investigat­ori che lo portavano via.

 ??  ??
 ?? (immagini tratte da Facebook) ?? Arrestati
Ugo Di Puorto (a sinistra), che sui social si fa chiamare Hugo, e Raffaele Mormone (sopra) sono due dei sette arrestati. Entrambi non hanno ancora compiuto 20 anni e sono residenti in provincia di Modena
(immagini tratte da Facebook) Arrestati Ugo Di Puorto (a sinistra), che sui social si fa chiamare Hugo, e Raffaele Mormone (sopra) sono due dei sette arrestati. Entrambi non hanno ancora compiuto 20 anni e sono residenti in provincia di Modena
 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy