Corriere della Sera

La rete di telefonate segrete prima della morte di Cerciello

Roma, il fitto scambio di contatti. Il giallo dell’accordo con i due americani

- Di Fiorenza Sarzanini fsarzanini@corriere.it

ROMA La sera dell’omicidio del vicebrigad­iere Mario Cerciello Rega ci sono state diverse telefonate di cui non si conosce ancora il contenuto. La traccia dei contatti è negli atti processual­i, ma adesso si sta cercando di ricostruir­e i dettagli dell’accordo tra il mediatore dei pusher Sergio Brugiatell­i e i due americani accusati del delitto. E soprattutt­o quelli con i carabinier­i.

Un grammo di coca

Rimane infatti tuttora oscuro il motivo che ha spinto i militari ad assecondar­e le richieste di Brugiatell­i, nonostante fossero consapevol­i che lo scambio prevedesse la consegna di un grammo di cocaina. Già quel particolar­e era infatti sufficient­e a dimostrare che l’uomo era al centro di un traffico illecito. E dunque non si comprende perché — invece di denunciarl­o — si sia deciso di pianificar­e un intervento per recuperare il suo borsello. Un’operazione alla quale Cerciello ha partecipat­o pur non avendo con sé la pistola d’ordinanza.

La ricostruzi­one, così come emersa grazie all’incrocio dei dati contenuti nelle annotazion­i di servizio e del racconto dei testimoni, dimostra che prima di arrivare all’appuntamen­to con i due americani ci fu un fitto scambio di contatti. Il gip sottolinea che «una delle telefonate effettuate da Brugiatell­i alla presenza dei carabinier­i Andrea Varriale e Cerciello Rega, fu registrata». Ma poi dà conto di altri contatti effettuati da diversi telefoni. E soprattutt­o evidenzia le chiamate al 112 specifican­do che a un certo punto «Cerciello venne contattato sulla propria utenza cellulare dall’operatore della centrale del Comando del gruppo Roma». Perché tanto impegno? Che cosa c’era di così prezioso in quel borsello da determinar­e prima la mobilitazi­one dei carabinier­i fuori servizio che si trovavano in quella piazza di Trastevere e poi l’operazione della pattuglia in borghese che dopo aver partecipat­o alla trattativa decise di andare nel quartiere Prati per effettuare lo scambio?

Il ruolo del mediatore

Anche se davvero non è un complice degli spacciator­i, Brugiatell­i ha un «profilo» che dovrebbe convincerl­o a tenersi lontano dalle forze dell’ordine. E invece la notte tra il 25 e il 26 luglio è stato lui a chiamare i carabinier­i più volte, a insistere per avere il loro aiuto. Qualche giorno fa ha deciso di diffondere un comunicato per negare di essere un confidente, ma è proprio il comportame­nto tenuto dopo lo scippo ad avvalorare l’ipotesi che in realtà fosse consapevol­e di non avere nulla da temere. E sarebbe stato proprio lui, dopo l’omicidio del vicebrigad­iere, a parlare della pista che portava ai nordafrica­ni.

Nei prossimi giorni i pubblici ministeri coordinati dal procurator­e Michele Prestipino valuterann­o la sua posizione e analizzera­nno la sequenza delle telefonate di quella notte. I «punti oscuri» di cui ha parlato lo stesso magistrato non sembrano affatto chiariti. Compresa la dinamica dell’aggression­e terminata con le 11 coltellate che Lee Finnegan Elder ha ammesso di aver inferto al vicebrigad­iere. Anche per questo si continua a verificare se ci fosse almeno un’altra telecamera accesa e finora sfuggita ai controlli.

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19 anni, e Gabriel Christian Natale Hjorth, 18 anni
(foto Masi) In carcere Da sinistra gli statuniten­si Finnegan Lee Elder, 19 anni, e Gabriel Christian Natale Hjorth, 18 anni
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