Lucca, soccorso nella piscina non sopravvive
Corde idrorepellenti per ridurne l’affondamento in acqua Moschettoni Zaino galleggiante e resistente all’acqua
Il primo in Italia sembra sia stato l’alpinista friulano Ignazio Piussi nel 1958. Con corde e stivaloni di gomma scese nelle gole del torrente Vinadia sulle Alpi Carniche. Non per diletto ma su incarico di una società elettrica, inconsapevole pioniere del torrentismo, adesso conosciuto internazionalmente come canyoning.
«Ci caliamo e scendiamo in gole, forre, orridi con corsi d’acqua a volte anche impetuosi. Le tecniche di progressione dipendono dall’ambiente. La corda è una costante, a volte ci si tuffa oppure si scivola sulla roccia» spiega Cristian Vogrig, consigliere dell’associazione italiana canyoning e istruttore della Scuola nazionale che forma e prepara gli appassionati, questa settimana impegnato nel raduno annuale a Chatillon, in Val d’aosta
Si stima che nel nostro Paese siano circa 2.000 i praticanti. «Serve una preparazione fisica, saper nuotare e non aver paura delle altezze né soffrire si claustrofobia, a volte i passaggi sono molto angusti — prosegue Vogrig —. Non è per tutti, ma non la definirei un’attività estrema».
L’attrezzatura indispensabile comprende caschetto da alpinista per eventuali cadute di sassi, muta per resistere alle temperature dell’acqua, imbragatura, corde e scarponcini
Èmorto ieri Tommaso, il bambino di due anni e mezzo che da giovedì pomeriggio era ricoverato in gravissime condizioni all’opa di Massa. Era stato trovato privo di conoscenza nella piccola piscina del giardino dell’abitazione di famiglia a Torre del Lago in Versilia (Lucca). I genitori e la zia insieme ai soccorritori erano intervenuti subito e con la rianimazione il cuore del bambino erano tornato a battere. Tuttavia, nonostante le cure in ospedale con sofisticati macchinari, purtroppo non c’è stato niente da fare.