LE MAGGIORI BANCHE CENTRALI DAVANTI A DUE STREGHE GEMELLE
Economia e politica Incertezze ai vertici e necessità di una svolta nelle politiche monetarie per gli istituti di Stati Uniti, Giappone e Inghilterra. E alla Bce è in arrivo Christine Lagarde
Christine Lagarde si sta preparando a prendere il posto di Mario Draghi, il 1° novembre, al vertice della Bce. Sta studiando. È un avvocato, ha esperienza politica, è brillante. Difficilmente, però, in tre mesi diventerà un’economista che comanda i meccanismi complicati della seconda banca centrale al mondo per rilevanza. Negli scorsi otto anni, Draghi ha gestito la banca, le conferenze stampa mensili di politica monetaria e in generale la comunicazione ai mercati con capacità straordinaria anche perché ha una comprensione profonda dei meccanismi che muovono la finanza globale. Lagarde ha guidato il Fondo monetario internazionale, istituzione importante dalla quale però non si influenzano su basi quotidiane le decisioni degli investitori. Un mestiere diverso.
Nel frattempo, a Washington succede che il presidente della Federal Reserve, Jerome Powell — anch’egli avvocato di formazione anche se con un’esperienza nell’investment banking — dà l’impressione di muoversi con incertezza. Lo scorso dicembre alzò i tassi d’interesse dello 0,25% — a 2,25-2,50% — e fece intendere che
lo avrebbe fatto altre due volte quest’anno; pochi giorni fa, a fine luglio, ha rovesciato la posizione e ha tagliato il costo del denaro di un quarto di punto: è la prima volta in dieci anni, alla Casa Bianca c’era ancora George Bush, che la Fed riduce i tassi, un’inversione di rotta non da poco. Realizzata, tra l’altro, sotto la pressione di Donald Trump che ha più volte criticato con pesantezza la stretta monetaria che era stata effettuata da Powell: la banca centrale americana ribadisce la sua indipendenza; è però chiaro che, tra le pressioni della Casa Bianca e le incertezze proprie sulla direzione da tenere, la Federal Reserve oggi non è una solida àncora di stabilità: problema non da poco per tutto il mondo, dato il ruolo globale del dollaro.
A Tokyo, la Banca del Giappone continua la sua politica monetaria di espansione aggressiva — con i tassi d’interesse negativi allo 0,1% e acquisti di titoli pubblici per 80 mila miliardi di yen (675 miliardi di euro ) all’anno — e il governatore Haruhiko Kuroda promette di andare oltre se ce ne sarà bisogno. Il guaio è che l’economia nipponica sta sì un po’ recuperando ma dopo una contrazione nei primi nove mesi dell’anno scorso nonostante gli stimoli monetari durino da anni. E l’inflazione, allo 0,7% e in calo, rimane lontana dall’obiettivo del 2%. Per parte sua, la Banca d’inghilterra non è solo alle prese con la gestione della sterlina e dell’economia britannica di fronte all’uscita dalla Ue: deve anche affrontare il cambio di guida, perché il governatore Mark Carney se ne andrà a fine gennaio 2020 e il governo di Boris Johnson vorrà probabilmente trovare un successore che sia meno contrario alla Brexit di lui.
Succede che tutte e quattro le principali banche centrali del mondo, quelle che influenzano le maggiori valute di riserva, vivono un passaggio delicato, quando non delicatissimo. E ciò capita mentre si annuncia un vero e proprio cambio di stagione per quel che riguarda le politiche monetarie. La fase seguita alla crisi del 2008 — caratterizzata da tassi d’interesse bassissimi e da acquisti di titoli sui mercati per immettere liquidità nelle economie (il famoso Quantitative Easing) — sembra avere dato tutto ciò che poteva. Non solo perché il costo del denaro è a livelli minimi — Stati Uniti esclusi — per i quali scendere ulteriormente non è facile. Ma anche perché i tassi bassi stanno incidendo sempre più negativamente sui bilanci delle banche e delle assicurazioni e sui rendimenti dei fondi pensione. In più, altri acquisti di titoli sui mercati non saranno facili, soprattutto in Europa se la Bce deciderà di riprenderli: per farlo, occorrerà cambiare le limitazioni di acquisto perché in alcuni casi, ad esempio dei Bund tedeschi, non c’è abbondanza di titoli da comprare. In un quadro in cui le opposizioni politiche al Quantitative Easing stanno crescendo.
Le maggiori banche centrali sono insomma di fronte a due streghe gemelle: incertezze ai vertici e un cambio di passo necessario nelle politiche monetarie. Proprio in una fase nella quale non si vede chi e cosa sia in grado di prendere la leadership economica al loro posto; anzi, con i governi più impegnati nelle guerre commerciali che nelle politiche per la crescita. L’avvocato Christine Lagarde dovrà studiare, e farsi aiutare, davvero molto.
Passaggio di consegne L’avvocata che a novembre subentrerà a Mario Draghi ha guidato il Fondo monetario ma è un mestiere diverso Scenari controversi Una fase delicata proprio mentre i governi sono impegnati più nelle guerre commerciali che nella crescita