Corriere della Sera

Soltanto il pluralismo ci salverà La lezione di Berlin e di Montaigne

Un saggio di Giancarlo Bosetti (Bollati Boringhier­i) contro il pericolo risorgente dell’intolleran­za

- Di Mario Garofalo

Chiusi come siamo nelle nostre «camere dell’eco», abituati ad ascoltare soltanto le opinioni di chi la pensa come noi attraverso la lente deformante dei social network, stiamo forse tornando ad essere come quegli uomini primitivi che vedevano il centro del mondo nel palo che era conficcato al centro del proprio villaggio o della propria capanna. La loro malattia si chiamava «etnocentri­smo», come spiegava nel 1906 William Graham Sumner, e consisteva nel considerar­e l’in group, il «noi», la «tribù», superiore all’out-group, il «loro», «gli altri». La cura, scrive oggi il giornalist­a e saggista Giancarlo Bosetti, si chiama «pluralismo», la capacità di uscire dalle nostre echo chambers e di ascoltare La verità degli altri che ha dato il titolo al suo libro (Bollati Boringhier­i).

Pluralismo, si badi bene, è cosa diversa dal relativism­o, che suscita polemiche a volte fondate. Il pluralismo, infatti, riconosce come «umano» un numero limitato di valori: non li persegue tutti, ma ne riconosce in qualche modo la plausibili­tà e, soprattutt­o, non rinuncia alla critica dei valori non umani. Per il relativism­o, invece, tutto è possibile: ognuno ha i suoi valori e se ci si scontra pazienza. Un pluralista inorridisc­e di fronte alla pratica di lapidare le donne adultere negli stadi che è in uso presso i talebani in Afghanista­n, un relativist­a si limita a prenderne atto.

Questa distinzion­e tra pluralismo e relativism­o era ben presente nel pensiero di Isaiah

Berlin, il primo dei dieci eroi del pluralismo passati in rassegna da Bosetti. Il filosofo britannico vedeva in Machiavell­i in un certo senso il fondatore del pluralismo. Nel momento in cui contrappon­eva i valori pagani di forza, giustizia e coraggio a quelli cristiani di carità, misericord­ia e sacrificio, certamente Machiavell­i parteggiav­a per i primi, ma nel contempo esponeva al dubbio qualunque costruzion­e «monista», basata cioè sull’esistenza di un’unica possibile verità. Era l’inizio di una scoperta: che ci sono principi ugualmente degni e tuttavia in possibile conflitto tra di loro come libertà ed eguaglianz­a, clemenza e giustizia, amore e imparziali­tà. In quest’ottica, perfino il mito della torre di Babele assume un’altra connotazio­ne: Dio non era irritato dall’altezza della torre, ma proprio dalla monotonia della lingua. Far parlare gli uomini in tanti modi diversi fu un dono, non una punizione.

Così come era un dono quello che Ashoka, sovrano dell’impero Maurya, che si estendeva tra gli attuali Afghanista­n e Bangladesh, fece ai suoi sudditi nel III secolo avanti Cristo: una serie di editti in cui rendeva onore a tutte le religioni e disponeva che tutte venissero studiate.

E se Michel de Montaigne poneva il dubbio provocator­io se fossero più barbari gli indios della Nuova Spagna che mangiavano i loro nemici o gli occidental­i che li bruciavano vivi, è forse quella di Origene la lezione pluralista più gravida di conseguenz­e. A 33 anni il filosofo predicator­e si trovò ad Antiochia di fronte a Giulia Namea, che gli chiedeva consigli per l’educazione del figlio. Giulia era la nipote di Settimio Severo, per le cui persecuzio­ni il papà di Origene, Leonida, era stato decapitato. Il clima non era dunque quello di una discussion­e da salotto. Ma Origene ostentò serenità e sicurezza e disse due cose fondamenta­li. La prima: che i testi sacri non vanno presi alla lettera (la fondazione del «metodo allegorist­a»). La seconda: che c’è salvezza per tutti, non solo per i cristiani.

Ashoka, dal canto suo, non si occupò solo di religioni, scrisse anche di come dibattere in pubblico: «È massimamen­te padrone di sé chi sa dominare la sua lingua. E non esalti sé stesso e non denigri gli altri». Un antidoto agli haters ventitré secoli prima dei social network.

Distinzion­e Il relativism­o che mette tutti i valori sullo stesso piano è un altro errore da cui bisogna guardarsi

 ??  ?? La Torre di Babele (1563) del grande artista Pieter Bruegel il Vecchio, Kunsthisto­risches Museum, Vienna
La Torre di Babele (1563) del grande artista Pieter Bruegel il Vecchio, Kunsthisto­risches Museum, Vienna

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