Corriere della Sera

Turismo verde: gli italiani e quei Giardini «riscoperti»

- Di Carlotta Lombardo

Intreccia la passione per il verde e per le destinazio­ni da vivere fuori dalla ressa estiva dei circuiti vacanzieri, magari davanti a un concerto open air. Il garden tourism di tradizione inglese, in Italia, è una realtà finalmente consolidat­a. Lo dimostrano gli oltre 8 milioni di visitatori dei Grandi Giardini Italiani, impresa culturale fondata nel 1997 da Judith Wade. Nascosti da mura, segreti ai più, sono 140. Il bello è che non solo si possono visitare; in alcuni ci si può pure dormire. «All’inizio nessuno voleva aiutarmi: né privati né banche — spiega Judith —. Ma questa è una generazion­e che ha a cuore ambiente ed ecologia. Sapevo che era questione di tempo... Convinsi 12 proprietar­i di splendidi giardini ad aprirli al pubblico. Il primo fu Giannino Marzotto, a Villa Trissino Marzotto. Da lì è stato un crescendo. E se, quando ho cominciato, i turisti italiani erano pochissimi, oggi sono più della metà». Nel 99% delle proprietà della rete, oltre al giardino, si visitano ville storiche, palazzi e collezioni d’arte. Nel 40% si dorme. Come a Casa Cuseni, a Taormina, con un giardino opera di uno dei primi decoratori di Tiffany: piante africane, rose inglesi e agrumi siciliani in singolare sinfonia davanti all’etna e al mare. O nel relais di Villa Ottolenghi Wedekind, ad Acqui Terni, o, ancora, nelle undici camere dell’abbazia La Cervara, a Santa Margherita Ligure. Ad Anacapri? A volere Villa San Michele fu Axel Munthe, il medico svedese che in Italia cercava calore e bellezza. Qui non si dorme, ma il suo parco è un luogo dell’anima da cui non si vorrebbe mai andar via.

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Notti d’arte A Casa Cuseni, a Taormina, vissero Greta Garbo e Tennessee Williams

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