Disgrazia e rivincita di un cardinale
Il saggio di Massimo Firpo e Germano Maifreda dedicato alla figura di Giovanni Morone (Einaudi)
Le oltre mille pagine dedicate da Massimo Firpo e Germano Maifreda al cardinale Giovanni Morone nel libro L’eretico che salvò la Chiesa (Einaudi) hanno un solo precedente di eguale portata e importanza, i due tomi consacrati nel 1937 da Hubert Jedin a Girolamo Seripando, tradotti e più volte ristampati in Italia da Morcelliana.
L’accostamento non è casuale: attraverso il prisma del percorso di due protagonisti, entrambe le opere permettono al
lettore di entrare nel complesso delle vicende snodatesi tra l’esplosione della Riforma protestante e la conclusione del Concilio di Trento.
L’interpretazione degli avvenimenti e soprattutto dei loro esiti risulta però opposta. Infatti, la vicenda del cardinal Seripando, morto nel 1563 a Trento dove era legato pontificio al Concilio, era vista da Jedin come esemplare di un movimento interno alla Chiesa cattolica che spingeva per il suo rinnovamento (da cui la definizione, coniata dallo storico tedesco, di «Riforma cattolica» in opposizione a quella di Controriforma). Al contrario, per Firpo e Maifreda le alterne fortune di Morone, dapprima rappresentante del Pontefice presso l’imperatore Carlo V, poi arrestato e processato per eresia sotto Paolo IV e infine nominato legato al Concilio proprio al posto di Seripando, mostrano le contraddizioni e i conflitti che percorrevano la Chiesa cattolica, superati solo in nome della necessità di contrapporsi, sul piano istituzionale e su quello teologico, alla Riforma: la Controriforma, appunto, categoria che i biografi di Morone rilanciano con forza.
In comune con quello di Jedin il lavoro di Firpo e Maifreda ha invece la completezza e il metodo inappuntabile nell’analisi di una sterminata quantità di fonti, utilizzate con assoluta padronanza.
La visione degli autori si distacca da quella del grande storico tedesco Hubert Jedin