Morto il ragazzo speronato in moto
Bergamo, investiti dopo la lite in discoteca. Per il 33enne l’accusa di duplice omicidio volontario
Dopo Luca, è morto l’amico Matteo, 18 anni. I due ragazzi sono stati travolti dopo la lite in discoteca.
BERGAMO Anche Matteo Ferrari è morto. Aveva 18 anni e si era diplomato un mese fa: voleva trascorrere un’estate serena e decidere se andare all’università. Invece ha perso la vita, ucciso, come il suo amico Luca Carissimi, 21 anni, anche lui di Bergamo. Entrambi erano sulla Vespa speronata sabato notte ad Azzano San Paolo dalla Mini Cooper grigia di Matteo Scapin, 33 anni, di Curno, un gesto folle dopo una lite in discoteca, che costa un vuoto immenso alle famiglie delle due vittime e un’accusa pesante all’investitore: duplice omicidio volontario aggravato dai futili motivi.
Con i filmati delle telecamere del Comune di Azzano, puntate sulla provinciale Cremasca, che aggiungono nuovi elementi al quadro probatorio, ma anche ulteriore strazio. La Mini sperona lo scooter guidato da Carissimi. Un’azione che agli occhi della polizia sembra decisa, senza titubanze. I due ragazzi, sbalzati di sella, ricadono sulla carreggiata, l’auto prosegue la sua corsa, non c’è frenata. E la Mini, per un attimo, sobbalza, perché passa sopra il corpo di una delle due vittime. Probabilmente di Matteo, anche se non è certissimo, perché proprio l’auto per un attimo si pone tra la visuale della telecamera e i due giovani a terra.
Gli occhi elettronici danno quindi un riscontro alle testimonianze degli amici di Luca e di Matteo Ferrari,che hanno subito parlato alla polizia di un «attacco» voluto, contro la Vespa. Ci sono prove che l’accusa ritiene solide. E non è ancora chiaro cosa deciderà di fare domani Matteo Scapin, assistito dagli avvocati Riccardo Tropea e Anna Marinelli, quando il gip lo interrogherà. La sua posizione è difficile, anche dopo la testimonianza fornita ai poliziotti dalla fidanzata, 23 anni, che era con lui: la ragazza, non indagata (l’ipotesi dell’omissione di soccorso è assorbita dalla contestazione di omicidio volontario all’arrestato), ha speun cificato che il gruppo di Carissimi aveva infranto il lunotto posteriore della Mini, durante la lite nel piazzale della discoteca. E che in quel momento Scapin si è infuriato. Una circostanza che la polizia sta verificando, ma che, anche fosse vera, non cancellerebbe la sproporzione enorme con quanto successo poco dopo: Arrestato A Matteo Scapin (sopra), 33 anni, dopo aver investito le due giovani vittime è stato riscontrato un tasso alcolemico tra 0,8 e 1,5 duplice omicidio che appare lontano anche dal profilo del proprietario della Mini.
Nessun precedente penale. A Bergamo la famiglia materna di Matteo Scapin è quella che per anni aveva gestito una notissima rivendita di elettroforniture, la Cordani, dal cognome del nonno e della mamma Cristina. Ed è in quel settore che Matteo ha continuato a lavorare con la madre. Buone entrate economiche, la Mini, la possibilità di andare spesso in discoteca, nei locali più noti dell’hinterland, il Setai oppure il Costez, che affianca l’autostrada A4 a Telgate. Drink, musica tecno, immagini di fidanzate e amiche pubblicate ovunque. Autoironia e parole in abbondanza, sui social, con qualche accenno alle droghe leggere nemmeno troppo velato e pseudo lezioni sulla vita: «Senza presente non c’è futuro». Niente, però, che possa spiegare quel raptus spaventoso, quell’auto usata come un’arma.
«Con mia moglie e mio figlio Gianluca abbiamo deciso di donare gli organi per dare una risposta a questa follia e perché qualcosa di Matteo restasse in vita». Alessio Ferrari, il padre del diciottenne morto ieri, non si dà pace. Nei corridoi della Terapia intensiva c’è il mondo del ragazzino. La mamma Laura Spreafico, il fratello che stringe la mano alla nonna, i coetanei e gli insegnanti. «Matteo si era appena diplomato — prosegue il padre —. Aveva una mezza idea di iscriversi all’università. Gli ho detto: a settembre ci sediamo al tavolo e ne parliamo». L’incontro, straziante, con i genitori di Luca è stato ieri mattina. Si sono abbracciati. I Carissimi hanno trascorso la giornata nel parcheggio della camera mortuaria. Luca non possono neanche vederlo. Ma «questo è il punto più vicino a lui», spiega il padre Marco nell’afa del pomeriggio.
Lavora nell’azienda della famiglia materna, una notissima rivendita di materiali elettrici «Abbiamo fatto questa scelta perché qualcosa del nostro Matteo restasse in vita»