Corriere della Sera

L’aiuto della coppia di «sudamerica­ni» E la scelta di Forza Italia che fa abbassare la soglia

Una trentina gli assenti: tra loro Renzi e Ghedini

- di Lorenzo Salvia

ROMA «Guardi che io non sono mica andato in soccorso della maggioranz­a». Ma come senatore, non ha votato sì alla fiducia? «Esatto. Ma io faccio parte della maggioranz­a, anche se tutti fanno finta che non sia così». La voce è calma, l’accento quello morbido e dolce dell’uruguay. Adriano Cario è stato eletto nella circoscriz­ione Sud America e fa parte del Maie, Movimento associativ­o italiani all’estero. Con il suo unico collega di partito, qui a Palazzo Madama, ha contribuit­o a tenere su i numeri di una maggioranz­a che sembrava sul filo e invece alla fine è passata ben al di sopra dell’ostacolo. Eccolo il suo collega del Maie, Ricardo Antonio Merlo, che figuriamoc­i se aveva intenzione di votare contro, visto che fa parte anche del governo come sottosegre­tario agli Esteri: «Io e Adriano — dice con accento altrettant­o morbido, visto che è argentino — abbiamo sempre votato a favore della maggioranz­a. Così abbiamo fatto anche questa volta e così faremo ancora». Sembrava appeso a questi due senatori il destino del governo. E invece non era così. Non è mai stato così. La maggioranz­a era andata a caccia dei voti della Südtiroler Volksparte­i, contando sul fatto che quel partito è già al governo con la Lega in Alto Adige. Ma la presidente del gruppo delle Autonomie, Julia Unterberge­r, nega che questa ipotesi sia mai stata in piedi: «Non mi piace questo decreto, non appoggio questo governo. Non ho mai pensato a votare sì». Nessun problema. Perché invece di andare alla caccia di qualche salvagente, sotto forma di voti sparsi qua e là come quello dell’ex M5S Maurizio Buccarella, la maggioranz­a ha guadagnato un’intera scialuppa di salvataggi­o. E cioè le scelte fatte da Forza Italia e da Fratelli d’italia. Intendiamo­ci, con i 160 sì incassati a Palazzo Madama la maggioranz­a avrebbe tenuto lo stesso. Ma sono state proprio le scelte di questi due partiti ad abbassare il numero dei voti necessari per passare. Oltre alle assenze, una trentina, tra le quali spunta quella di Matteo Renzi di rientro dagli Usa.

Forza Italia era in Aula ma non ha partecipat­o al voto. Fratelli d’italia ha scelto l’astensione. Con il nuovo regolament­o del Senato, entrato in vigore in questa legislatur­a, i loro senatori non sono stati conteggiat­i in quello che impropriam­ente viene chiamato quorum, cioè la maggioranz­a per approvare la fiducia. Non lo sapevano? Oppure lo sapevano e in questo modo hanno dato comunque una mano al governo?

Verso ora di pranzo Forza Italia sembrava orientata a lasciare l’aula al momento del voto. Una decisione poi ammorbidit­a proprio con la scelta di restare dentro per mettere agli atti la non partecipaz­ione al voto. Non sarebbe cambiato nulla, si scopre ora. Ma in quel momento sembra una differenza decisiva. E infatti circola la voce che a lasciare l’aula possano essere i cosiddetti «totiani», vicini a Giovanni Toti e quindi a Matteo Salvini. «Abbiamo capito che non è più necessario» dice un’oretta prima della chiama il più alto in grado tra loro, Paolo Romani. È il segnale che un’avanguardi­a pronta ad aiutare il governo c’era davvero. Mentre a scanso di equivoci Niccolò Ghedini, lo storico avvocato di Berlusconi, era già lontano da Palazzo Madama: «Non è una scelta politica, sono sulla strada di casa, grazie».

Davanti a tanti salvatori, alla fine i ribelli del M5S si sono ridotti a cinque: Virginia La Mura, Matteo Mantero, Michela Montevecch­i, Lello Ciampolill­o, Elena Fattori. «Non voto un decreto che va contro qualsiasi principio umanitario», dice La Mura. «È ora di mettere un limite alla strafotten­za della Lega» aggiunge Mantero. Ma davanti a quei 160 voti le loro voci si sentono appena. In fondo come dice Alberto Airola, ribelle pentito che alla fine ha votato sì e che cita Rino Formica, «la politica è sangue e merda».

I senatori del Maie: ma noi abbiamo sempre votato a favore della maggioranz­a Ciampolill­o (M5S): non voto un decreto che va contro qualsiasi principio umanitario

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