Pressing di Giorgetti sul capo per cambiare passo Ma in Senato si parla di ferie
ROMA È lo stesso Matteo Salvini, ma sembra un altro. Dalla sabbia del Papeete Beach alla Sala dei Postergali del Senato. Dal torso nudo al completo blu ministeriale, con camicia inamidata e cravatta a pallini. Dalle cuffie, indossate alla consolle di Milano Marittima con gli altoparlanti che sparano l’inno di Mameli, al ripasso dei titoli per i tiggì: «Chi è stato a Medjugorje lo sa, oggi (ieri, ndr) è 5 agosto, il compleanno della Vergine Maria».
Ci mancava la Madonna. Salvini la ringrazia tre volte per il «bel regalo all’italia» e perché già sa che il suo decreto Sicurezza bis sta per essere approvato. «Io non ho paura di nulla». Di certo non teme gli alleati, costretti a mandar giù anche i superpoteri per il ministro dell’interno pur di non andare al voto. «Le elezioni non le vuole nessuno — sorride Stefania Craxi —. I 5 Stelle si dovrebbero cercare un lavoro e Salvini ha paura del biscottone».
Il fantasma delle urne volteggia su Palazzo Madama. Un leghista rivela che «Giancarlo Giorgetti sta facendo il pazzo, perché vuole a tutti i costi rompere con Di Maio e andare a votare». Eppure i senatori pensano già alle ferie e sono pronti a impugnare il trolley. Daniela Santanchè non vede l’ora di tornare al Twiga di Marina Di Pietrasanta, lo stabilimento milionario di cui è socia con Briatore: «Salvini ha sbagliato, alle cubiste del Papeete doveva far mettere il costume tricolore invece di quello animalier, che fa tanto Africa». Ancora due giorni e poi si parte, convinti che «tanto il governo non cadrà». Prima però c’è da superare lo scoglio della Tav, con le mozioni incrociate e Salvini che ha spostato il suo ultimatum sull’alta velocità. Se passasse la mozione anti-tav del Movimento, per Salvini aprire la crisi sarebbe un gioco da ragazzi, tanto che Conte ha provato a disinnescare la mina lasciando filtrare che «il via libera non sarebbe una sfiducia nei confronti del premier».
Fino all’arrivo di Salvini, alle sette della sera, i banchi del governo restano vuoti. Per far vibrare un filo di passione ci vuole che Pietro Grasso, ex presidente del Senato, evochi «l’aula sorda e grigia» di mussoliniana memoria. Il capogruppo leghista Massimiliano Romeo ha autorizzato solo due assenze, Umberto Bossi per problemi di salute e Massimo Candura perché è in viaggio di nozze. E così Pasquale Pepe è venuto a votare con tanto di stampelle: «Sono un runner e ho sforzato troppo». Che corsa è, per Salvini? Una maratona? «No, una passeggiata». Previsione azzeccata. La fiducia fila via liscia, un voto sotto l’asticella della maggioranza. Che farà adesso, il «Capitano» della Lega? «Sotto i 161 la maggioranza assoluta non c’è, quindi Salvini dovrà fare dei ragionamenti politici perché si pone un problema», rifletteva prima del voto Romeo.
Matteo Renzi è in Colorado, ma c’è Matteo Richetti, che ha parlato con un sottosegretario leghista: «L’unico, vero scontro politico è dentro la Lega, su quando andare tutti a casa». Per i militanti del Carroccio la risposta è «subito», come dirà a sera da Cervia il vicesegretario Andrea Crippa: «La gente mi chiede, “ma quando staccate la spina?”». Vogliono Salvini premier e lo stesso ministro non si stanca di far di conto, per capire se ha in tasca i numeri per governare da solo. Ma a Palazzo Madama la crisi può attendere e il capogruppo 5 Stelle, Stefano Patuanelli, scherza: «Quante cene ho dovuto pagare per convincere i miei? Mi sono costati solo 200 euro di telefonate».
Il capogruppo Patuanelli: «Quante chiamate per gestire i miei sulla fiducia Ho speso 200 euro...»