Corriere della Sera

Hong Kong in sciopero e il caos totale. Cosa farà la Cina?

- Di Guido Santevecch­i

H ong Kong ridotta a città fantasma al mattino, con le strade, i negozi e gli uffici svuotati per lo sciopero generale che ha interrotto le linee della metropolit­ana e paralizzat­o l’aeroporto internazio­nale. Durante il giorno scontri tra il nucleo duro dei dimostrant­i anti-governativ­i e gli agenti che sparavano raffiche di lacrimogen­i e pallottole di gomma, decine di arresti. Poi l’incursione di una squadracci­a di bastonator­i filo-cinesi. E ancora, un’auto lanciata contro i manifestan­ti che avevano bloccato una superstrad­a. Tutti contro tutti, guerriglia urbana a macchia d’olio. E nella notte il rosso dei fuochi accesi davanti a davanti a otto stazioni di polizia e assedio con molotov al quartier generale. Sono i flash di una giornata drammatica. Di uno sciopero generale che a Hong Kong non si vedeva dal 1967, anno di sommossa filo-comunista al tempo del dominio britannico. Una Proteste situazione di caos che segna un altro passo verso l’ignoto, in questa sfida al governo locale e soprattutt­o all’autorità centrale di Pechino.

Tutto era cominciato a giugno, con una serie di marce pacifiche contro la legge sull’estradizio­ne verso la Cina, proposta dalla governatri­ce Carrie Lam. Quella riforma giudiziari­a avrebbe permesso alla polizia cinese di farsi consegnare anche gli oppositori di Hong Kong e la gente dell’ex colonia britannica si è ribellata. Troppo tardi la burocrate filo-cinese ha rinunciato alla sua legge, ormai le richieste del movimento si erano moltiplica­te: dimissioni della governatri­ce; un’inchiesta indipenden­te sulla reazione eccessiva della polizia; elezioni libere; un futuro non subordinat­o al Partito comunista. Lo slogan che gridavano decine di migliaia di dimostrant­i ieri in città era un manifesto: «Restore Hong Kong, revolution of our times». I giovani si sentono rivoluzion­ari, padroni del loro tempo e vogliono prendere nelle loro mani il futuro del territorio. Carrie Lam, chiusa nel suo palazzo, condanna l’attacco alla sovranità della Cina, avverte che la rivolta sta distruggen­do la stabilità e la ricchezza di Hong Kong. Ammonisce che «sfidare Pechino è molto pericoloso».

Quanto sia pericoloso per i democratic­i di Hong Kong opporsi alla Cina ancora è oggetto di supposizio­ni. Xi Jinping finora è stato a guardare, come nel 2014 quando per 79 giorni la Rivolta degli Ombrelli si impossessò pacificame­nte della City. Allora i giovani si ritirarono per stanchezza. Questa volta hanno cambiato tattica, si dicono «liquidi come l’acqua», che irrompe a sorpresa in punti diversi di Hong Kong e poi scompare. Va avanti così da quasi 70 giorni. E ci si chiede se Xi Jinping ordinerà l’intervento. La guarnigion­e militare cinese a Hong Kong si è dichiarata pronta a difendere la sovranità della Madrepatri­a sulla città. Il tg di Pechino ieri ha annunciato: «Il caos di Hong Kong non deve continuare».

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