L’IDENTITÀ EUROPEA RESISTE
Ivalori che si riassumono nella formula «Stato di diritto» sono sempre di più al centro dell’azione delle istituzioni europee. Pensiamo a tre fatti recenti: la Corte di giustizia dell’unione europea ha ritenuto in contrasto con il diritto dell’unione una legge polacca che, prevedendo il pensionamento anticipato di numerosi giudici e rimettendo al potere insindacabile del presidente della Repubblica la decisione se mantenere alcuni di essi in servizio, di fatto comprometteva l’indipendenza del potere giudiziario; la nuova presidente della Commissione europea si è impegnata a realizzare forme efficaci di tutela dello Stato di diritto, per esempio negando l’accesso ai fondi europei a quei Paesi che lo mettono a rischio; il nuovo Parlamento europeo ha confermato il parere favorevole alla nomina al vertice della Procura europea di Laura Kövesi, una magistrata romena simbolo di imparzialità nel contrastare gli abusi del potere politico. Questi fatti si ricollegano
a tendenze più di fondo dell’integrazione europea, come il rilievo assunto dalla Carta dei diritti fondamentali nella giurisprudenza dei giudici europei ed il riconoscimento dell’indipendenza del potere giudiziario in ciascuno Stato come principio fondamentale dell’ordinamento dell’unione.
Stato di diritto, Rule of law, Staatsrecht, sono concetti che hanno caratterizzato la storia dei nostri Stati fornendo i tratti di un’identità comune che ha concorso a definire l’europa, distinguendola rispetto ad altri spazi geopolitici. In tutti i 28 Stati membri i cittadini sono titolari di diritti che possono fare valere anche nei confronti dei poteri pubblici, a garanzia di questi diritti possono contare su giudici indipendenti, il potere politico non è onnipotente, ma deve obbedire alla legge e rispettare i loro diritti.
Tutto ciò non è scontato, può essere minacciato e anche perduto. L’unione europea ha, tra l’altro, il compito di garantire questo patrimonio costituzionale. Non solo perché questo compito è scritto nei Trattati, ma perché nei fatti le istituzioni europee si sono date carico della salvaguardia dei valori dello Stato di diritto, anche quando il governo di uno Stato li ha momentaneamente minacciati, come dimostra il recente caso polacco.
L’«europa è in crisi» è il mantra che ha accompagnato le opinioni pubbliche negli ultimi anni. Certamente non mancano le critiche nei confronti di alcune delle sue politiche, eppure le recenti elezioni del Parlamento europeo hanno dimostrato che l’unione è ancora vitale e che riesce a mantenere un buon livello di consenso in numerosi Paesi. C’è una specie di contraddizione tra l’insufficienza di molte politiche europee e l’attaccamento che, pur in un contesto comunicativo dominato dalle critiche all’europa, la maggioranza dei cittadini ancora mantiene con l’unione. Per spiegare questo dato, si può avanzare la seguente ipotesi: c’è una casa comune europea di cui i cittadini degli Stati sentono, bene o male, di far parte, anche quando sono insoddisfatti nei confronti di specifici interventi dell’unione. Insomma, esiste un’identità europea che va ben oltre le singole politiche, la quale è fatta di valori condivisi e affonda la sua radice nelle tradizioni costituzionali comuni ai popoli europei. Identità nazionali e identità europea possono così coesistere e nutrirsi a vicenda, come dimostra non solo la già rilevata centralità dello Stato di diritto, ma tanti altri aspetti, come, per esempio, quell’«economia sociale di mercato» che differenzia l’esperienza europea da quella di altri grandi spazi politici e economici, dominati o dal fondamentalismo di mercato (gli Usa) o dal capitalismo di Stato (la Cina). Per superare i venti di crisi che ancora soffiano forti in Europa è necessario mettere in cantiere politiche adeguate alle sfide attuali, ma anche ricordare quei valori comuni che delineano una specifica identità europea.
Per superare i venti di crisi sono necessarie politiche adeguate, ma occorre anche ricordare i valori comuni