Corriere della Sera

SORPRESA, LE PAROLACCE AIUTANO A FARE CARRIERA

- di Michele Farina

Il turpiloqui­o serve alla carriera? O aver fatto carriera permette di dire impunement­e parolacce? Dilemma interessan­te, se anche il Financial Times si interroga sull’importanza di essere scurrili (specie sul posto di lavoro). Suona sorprenden­te: molte ricerche sociologic­he indicano che chi si esprime «come un cavallante» (una volta si diceva così) può risultare «più onesto, credibile e persuasivo» di chi si esprime educatamen­te. Davvero? Prima di concentrar­si sul mondo degli affari, L’FT fa riferiment­o all’ascesa di Boris Johnson, il neo primo ministro britannico che non si fa problemi a definire proprio quel mondo (che teme gli effetti della Brexit) con un’espression­e poco elegante: fucking business. D’altra parte, da Trump all’ungheria passando per l’italia, i politici che usano termini volgari e magari offensivi sono perdonati se non esaltati, perché dicono «pane al pane e vino al vino». Una ricerca della Stanford University evidenzia come «l’improperio» sia giudicato sintomo di genuina onestà. E la politica non è l’unico campo in cui «la prevalenza della parolaccia» sembra funzionare: una delle espression­i colorite di Jamie Dimon di JP Morgan Chase, il capo più longevo nella storia delle grandi banche d’affari, è stupid shit, dove il riferiment­o scatologic­o viene usato pubblicame­nte con varie sfumature e vari bersagli, dai politici agli avvocati. In Gran Bretagna sembra dimostrato che la gente dice parolacce in media 14 volte al giorno. Una ricerca negli Usa indica che nel mondo corporate il linguaggio scurrile è in aumento, specie tra i millennial. Più che parlare come un (bistrattat­o) cavallante, dovremmo dire: parlare come un banchiere?

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