Fragili mercati Salvataggi indispensabili
Non sono tempi facili per l’economia italiana. Non si tratta solo di una crescita che stenta. Ma anche di uno strabismo che ci porta a non considerare il Paese come un sistema. Come un’entità che ancora non si è ripresa interamente dalla peggiore crisi finanziaria mai subita dal mondo occidentale dopo la seconda guerra mondiale. E che per questo corre rischi anche per casi apparentemente non enormi. Quello Carige ne è l’emblema. Ne scriveva ieri Ferruccio de Bortoli su «L’economia». L’intero mondo del credito molto ha fatto per uscire fuori dalle secche nel quale si era trovato. E ha agito di più e meglio di quanto fatto in altri Paesi, a cominciare dalla Germania. Ma c’è il classico granello che potrebbe far inceppare l’intero meccanismo. Non sembri un’esagerazione. I mercati mostrano una fragilità di fondo. Le tensioni continue alle quali sono sottoposti da guerre valutarie, vere e presunte, dichiarazioni improvvide di leader che non sentono la responsabilità dei ruoli ricoperti, fanno sì che a pagarne le spese siano i più deboli. E una delle nostre debolezze si chiama Carige. Come noto l’intervento del Fondo tutela depositi (Fitd) e della Cassa centrale banca (holding del credito cooperativo), ha avviato un percorso per mettere al sicuro la banca. L’incognita è rappresentata dal socio di maggioranza, la famiglia Malacalza. Che è vero ha contribuito con 440 milioni a suo tempo a impedire la deriva dell’istituto. Ma che oggi sembrerebbe incerta anche solo sul sì all’assemblea che deve varare il piano. Un mancato sì che il Paese intero rischia di pagare caro.