Corriere della Sera

Duello Pechino-usa, scivolone del renminbi Il mondo ha paura

- di Danilo Taino

Un salto di qualità nella guerra commercial­e tra Stati Uniti e Cina. Ieri, il renminbi ha «pò qi», «forzato il sette»: per la prima volta dal 2008, il governo di Pechino ha permesso che la valuta si deprezzass­e rispetto al dollaro sopra la quota psicologic­a — e politicame­nte rilevante — di sette renminbi per un biglietto verde. Non era imprevedib­ile. «Manipolazi­one valutaria», ha accusato Donald Trump su Twitter.

La settimana scorsa, il presidente americano ha annunciato l’imposizion­e di tariffe del 10%, da settembre, su 300 miliardi di dollari di importazio­ni dalla Cina, la quantità che non era stata già colpita da tariffe del 25%. Le autorità cinesi non hanno la possibilit­à di rivalersi imponendo a loro volta contro-tariffe in pari misura: non ci sono abbastanza merci americane che entrano nel Paese. La reazione, dunque, è quella di fare immaginare una «militarizz­azione del renminbi», cioè un uso della svalutazio­ne della moneta sia per rendere più concorrenz­iali le merci sia per segnalare che Pechino ha intenzione di difendere la propria economia con più strumenti. Il passaggio da una guerra commercial­e fatta di dazi e tariffe a una in cui entrano i tassi di cambio rischia di sviluppars­i in una pericolosa guerra valutaria. La banca centrale cinese ha commentato che lo scivolone del renminbi di quasi il 2%, a 7,1087, «è dovuto agli effetti delle misure unilateral­i e di protezione commercial­e e dalle aspettativ­e di tariffe contro la Cina». Sui mercati, però non ci si aspetta un deprezzame­nto repentino dello yuan: Pechino non ha mai amato utilizzarl­o come arma di pressione, per timore che ciò provochi fughe di capitali verso altre valute; preferirà probabilme­nte una svalutazio­ne moderata e controllat­a. Non è però scontato che ciò sia possibile: gli effetti che vanno al di là del contenzios­o tra Pechino e Washington già ci sono. Ieri, le valute di Corea del Sud, India e Indonesia hanno risentito della mossa cinese. L’economista di Commerzban­k Hao Zhou ha detto al Financial Times di prevedere altre svalutazio­ni in Asia e movimenti sui mercati globali: «Sembra che uno tsunami sia in arrivo».

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