Dee che danno la vita e tagliatrici di teste: le donne declinate dall’arte
A Villa d’este di Tivoli (Roma) fino al 1° novembre la mostra «Eva vs Eva» sulle rappresentazioni dell’universo femminile nell’immaginario occidentale
Inomi rimbalzano velocemente fra secoli diversi nel nostro immaginario. Ma si richiamano anche vicendevolmente. Penelope (figlia di Icario e di Policaste, moglie di Ulisse, madre di Telemaco, Poliporte e Arcesilao), Cleopatra (regina del Regno tolemaico d’egitto e ultima sovrana dell’età ellenistica), Saffo (la poetessa greca antica che, a causa della bellezza dei suoi componimenti, fu oggetto di leggende, riprese e amplificate nei secoli successivi tanto
da trasformare i suoi versi nel paradigma dell’amore omosessuale femminile), Medea (figlia di Eeta, re della Colchide, e di Idia), Salomè (principessa giudaica, figlia di Erodiade e di Erode Filippo I, protagonista di un episodio narrato nel Vangelo), Lucrezia Borgia (figlia illegittima terzogenita di papa Alessandro VI e di Vannozza Cattanei, e una delle figure femminili più controverse del Rinascimento italiano).
L’immagine della donna, in ogni sua declinazione, dall’antichità fino al Novecento, è al centro della mostra Eva vs Eva. La duplice valenza del femminile nell’immaginario occidentale, in corso a Villa d’este a Tivoli, Roma (a cura di Andrea Bruciati, Massimo Osanna, Daniela Porro, fino al 1° novembre, info: 0774.768082, catalogo di Gangemi editore).
L’esposizione copre ogni genere di simbolismo e rappresentazione che ruota intorno all’immaginario femminile. Da quello ancestrale della donna che dà la vita, per cui è considerata, presso (quasi) tutte le civiltà, alla stregua di una creatura magica, misteriosa e mostruosa insieme, fino alla donna «tagliatrice di teste», reincarnazione del timore ancestrale dell’uomo di perdere la propria supremazia, passando per Maria Maddalena che medita sulla corona di spine del Guercino.
L’ambivalenza e la polisemia dell’immaginario femminile fanno puntare lo sguardo su Afrodite e Venere, dee della bellezza e dell’amore per i Greci e i Romani. Modelli ai quali attinge il dadaista Man Ray per esprimere una sua sensualità/sessualità ombrosa.