Caro Camus, caro Chiaromonte
Oltre ottanta lettere inedite raccontano l’amicizia tra i due intellettuali
Un’affinità tra «stranieri», si direbbe. Antifascisti quando avanzava la dittatura, anti-ideologici quando si ragionava per schemi, anti-conformisti quando la cultura vestiva etichette strette. Si conobbero «sulla spiaggia di Algeri, lei era con amici, si ricorda? Pranzammo assieme. Ed è rimasto così: un legame diretto e semplice — nato da un rapporto umano tra i più belli e veri: l’ospitalità».
Albert Camus, Nicola Chiaromonte. Correspondance, 1945-1959, recentemente mandato in stampa da Gallimard (pagine 225, 22) con oltre ottanta lettere inedite, testimonia prima di tutto di un’amicizia. Chiaromonte (1905-1972) è arrivato in Algeria dall’esilio parigino, quindi è riparato negli Stati Uniti. Lo scambio prende inizio Oltreoceano, l’intellettuale italiano ha letto Il mito di Sisifo e Lo straniero a New York e sente una vicinanza di spirito con l’autore. In particolare dopo la tragedia di Hiroshima, Chiaromonte riallaccia i fili con Camus (1913-1960), cerca la sua partecipazione ai progetti culturali che sta portando avanti in America. E continua a nutrire il legame al rientro in Italia, nello slancio di formare con il francese e altri simili «isole di resistenza» nel dilagare delle ideologie e nel risorgere dei regimi. È anche una tenace difesa della speranza davanti al nichilismo, ancora una volta controcorrente. Del resto Espoir (speranza) si chiama la collezione creata dallo scrittore francese per Gallimard per la quale si consulta con l’amico italiano.
I tempi sono pressanti, la corrispondenza si fa fitta. «Siamo come testimoni in procinto di diventare imputati — scrive Camus — ma non voglio lasciarle credere che io manchi d’animo. Ci sono cose per le quali sento un’ostinazione infinita».
I due si conobbero sulla spiaggia di Algeri. «Ed è rimasto un legame diretto e semplice»