Corriere della Sera

Tre mamme (offese) in missione per bacchettar­e i figli

- Di Maurizio Porro

S i chiama, titolo un po’ melò, «La vita dopo i figli» (Netflix), brillante commedia al femminile di Cindy Chupak (sceneggiat­rice e produttric­e di «Sex and the city»), omaggio alla tradizione del cinema americano di sole donne (Cukor, se ci sei, batti un colpo).

Titolo originale «Motherhood» ma già nei titoli di testa cade la M: è la maternità, più che altro il mammismo. Siamo dalle parti dei battibecch­i Keaton-hawn, di «Little big lies» non serializza­te. Tre madri over 50, ansiose, vedove e divorziate, abitano nell’hinterland e si sentono offese perché i figli esuli a Manhattan non le hanno ricordate nel «mother’s day»: così vanno a far loro una sorpresa a New York.

Da qui è tutto previsto, i ragazzi indispetti­ti e la notte brava da signore leonesse con molto alcool. Il dialogo riserva qualche battuta indovinata, i personaggi ci sono, l’ovvietà fa parte del gioco, il lieto fine multiplo, anche con utero in affitto, è d’obbligo.

Ci sono tutte, le tappe obbligator­ie: il ragazzone che lascia mutandine da donna in salotto, il figliolo yiddish in attesa che la madre lo imbocchi sulla fidanzata, il rampollo gay che non ha fatto coming out tanto le mamme capiscono tutto.

Attrici piene di energia stanno al gioco, sospeso nel vero in rosa del cinema: Patricia Arquette, scorsesian­a, è brava e invecchia che è un piacere; Felicity Huffman (indimentic­abile «Trans America») è borghese sostenuta, edipica fino al midollo, mentre Angela Bassett scopre le gioie della middle age soprattutt­o dopo aver fatto la permanente.

Molto trendy, senza acido, ma pronto all’uso e al sorriso casalingo. La vita dopo i figli, di Cindy Chupak, Netflix

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Da sinistra: Patricia Arquette, Angela Bassett e Felicity Huffman
Protagonis­te Da sinistra: Patricia Arquette, Angela Bassett e Felicity Huffman

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