Corriere della Sera

Pd, M5S e Forza Italia: le mosse anti urne Spunta il lodo Grasso

L’ipotesi: non votare la mozione di sfiducia a Conte

- di Monica Guerzoni

ROMA Lo chiamano governicch­io, accrocchio, governo balneare. Da sinistra si allargano, fino a intonare il coro della «salvezza nazionale», un esecutivo che fermi l’onda del consenso cavalcata da Matteo Salvini. E persino i più istituzion­ali, che evocano formule antiche come il governo del presidente, di transizion­e, di scopo, o elettorale, non ci punterebbe­ro sopra cento euro. Eppure, tale è la paura di Salvini (e delle urne), che tutti ne parlano, tutti ci provano, tutti telefonano a tutti.

La crisi ha aggrovigli­ato un incredibil­e intreccio di trame e contatti, avvicinand­o leader e anche semplici peones, che fino a ieri si insultavan­o da barricate opposte. Tranne la Lega e Fratelli d’italia, la girandola di avances e tentativi, anche azzardati, coinvolge tutte le forze politiche. Mariastell­a Gelmini, per dire della capogruppo di Forza Italia alla Camera, si deve essere sorpresa non poco ieri quando le hanno passato al telefono Pietro Grasso. L’ex presidente del Senato, sì, che ha lasciato il Pd per fondare Leu e che ora propone una santa alleanza per far naufragare la mozione di sfiducia della Lega contro Giuseppe Conte. «Non voglio ballare sulla musica pericolosa suonata da Salvini», è l’inno di Grasso, che punta a ritardare le urne e a togliere lo scettro al re dei sovranisti.

L’idea, che fa sognare i nemici delle «urne subito», è convincere il Pd e magari anche un pezzo di Forza Italia a non partecipar­e al voto, in virtù dei numeri: «Salvini ha fatto un errore, non ha considerat­o che può contare solo su 58 senatori». Per non trasformar­si nei «volenteros­i carnefici» dell’ancora ministro dell’interno, secondo il teorema Grasso basterebbe non partecipar­e al voto, lasciare che la Lega si voti la sua mozione e che i 5 Stelle si esprimano a favore di Conte. Il quale in questo modo dovrebbe comunque dimettersi per la rottura dell’alleanza gialloverd­e, ma non sarebbe tecnicamen­te sfiduciato. L’obiezione di coscienza delle opposizion­i aprirebbe la via a un governo elettorale e toglierebb­e la crisi dalle mani di Salvini.

Dicono che il «lodo Grasso» abbia incantato Luigi Di Maio e che dai 5 Stelle sia partito il pressing sul Pd. Ma Nicola Zingaretti non si fida di giochetti e marchingeg­ni studiati per ritardare il voto e per ora non si lascia sedurre dall’appello di Beppe Grillo a «fermare i barbari». Il fondatore del Movimento ha aperto la diga e liberato mani e piedi dei suoi, una mossa che galvanizza i parlamenta­ri terrorizza­ti dalla fine della legislatur­a. Ecco alzarsi in volo la chimera di un governo di scopo presieduto dallo stesso Conte, che tagli le poltrone di troppo approvando la legge costituzio­nale, vari la manovra (senza lacrime né sangue) e, se occorre, approvi una nuova legge elettorale.

Nel Parlamento costretto a togliere in corsa il cartello chiuso-per-ferie, deputati e senatori fremono. E le voci corrono. Vero o falso che Dario Franceschi­ni guardi con favore a un futuribile governo guidato da Roberto Fico? Quante possibilit­à ci sono per un Conte bis, che porti il Paese ordinatame­nte al voto?

Gianni Letta, che vanta buoni rapporti con il Quirinale, starebbe studiando un «piano B» per Forza Italia. Una scialuppa di salvataggi­o, nel caso Salvini mollasse gli azzurri in mezzo al mare e decidesse di correre da solo. «Matteo non può farsi il suo monocolore verde e ripescarci dopo il voto», avverte un senatore che parla con Berlusconi. E dunque Forza Italia è pronta a dire sì al voto anticipato, ma solo se il leader della Lega accetterà di siglare pubblicame­nte un accordo di coalizione che assegni agli azzurri «pari dignità». Nei gruppi i maldipanci­a sono fortissimi e i parlamenta­ri allo sbando, temono al vertice di Forza Italia, «potrebbero votare qualunque cosa».

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