I racconti di John Freeman e di Dennis Lehane Gli 80 anni dalla guerra
mentali della modernità (e riconosco che ve ne sono anche di non fondamentali).
La prima: la distribuzione dei beni, degli uomini e dei servizi attraverso il mercato, vale a dire, in senso generale (molto generale) il capitalismo.
La seconda: lo sviluppo costante della scienza e della tecnologia, ovvero l’accumulo delle conoscenze , sia il «che cosa» che il «come».
La terza (questa logica è già assodata): la possibilità di scegliere liberamente governo e istituzioni.
La prima e la seconda logica non possono essere eliminate, perché senza di esse la modernità si disintegra né si può scavalcare la terza. Eppure, il modo in cui gli uomini usano il diritto di scegliere governo e istituzioni rappresenta la chiave di tutte le loro libertà.
Per riassumere: nella misura in cui gli uomini fondano istituzioni libere (come nella democrazia liberale) la terza logica può controllare le altre due. Per quel che riguarda il mercato, nella consapevolezza che la distribuzione tramite il mercato fa aumentare le disuguaglianze sociali, le istituzioni politiche possono intervenire per operare la redistribuzione della ricchezza e scongiurare esiti catastrofici. Nel campo dello sviluppo della scienza e della tecnologia, le decisioni politiche sono in grado di arginare quelle innovazioni tecnologiche che possono rivelarsi pericolose. In tutti i casi in cui le istituzioni politiche non vengono liberamente elette e rielette, e se il potere non è condiviso, Sono due i racconti stranieri inediti oggi con «la Lettura», in edicola fino a sabato 24 agosto. John Freeman, atteso il 7 settembre al Festivaletteratura di Mantova, ripercorre il suo apprendistato letterario e sentimentale a New York, mentre Dennis Lehane, autore del romanzo che ispirò il film Mystic River, entra nella mente di un cacciatore di latitanti. E sono due anche gli interventi nulla potrà impedire al mercato e alla tecnologia di farla da padroni e di agire in modo disordinato e incontrollato. Pertanto la libertà politica è il prerequisito della sicurezza di un popolo.
Ai suoi esordi, l’universalismo venne formulato come una mera congettura (da notare che «tutti gli uomini» si riferiva esclusivamente ai maschi europei o americani) ma ai nostri giorni il principio dell’universalismo è universalmente condiviso. La Dichiarazione dei diritti umani delle Nazioni Unite inizia con la frase: «Tutti gli esseri umani nascono liberi», e quest’affermazione è stata sottoscritta da tutte le nazioni del globo, comprese le dittature. Il mondo intero è diventato moderno, non solo in senso normativo, ma anche in senso empirico, poiché condivide le tre logiche della modernità. Le prime due (distribuzione tramite il mercato, scienza e tecnologia moderne) si sviluppano spontaneamente, ma non la terza.
La terza logica della modernità offre la possibilità a un popolo, uno Stato, un impero, una città, di scegliere le proprie istituzioni politiche, tra le quali anche forme di governo che intervengono ogni qualvolta si profila la minaccia che la prima o la seconda logica della modernità possa sottrarsi a ogni controllo. I rapporti di mercato potrebbero alterarsi drasticamente fino a produrre povertà, fame e carestia su scala mondiale, e di conseguenza anche ribellioni, genocidi e guerre su scala mondiale. La seconda logica (sviluppo della scienza e della tecnologia) potrebbe sfuggire di mano, creando tecnologie che avvelenano i nostri fiumi, l’aria, l’ambiente e la vita in genere, oppure costruendo macchine da guerra capaci di annientare gli esseri umani e la natura. La sicurezza della nostra generazione e della prossima è affidata alle nostre scelte politiche: dipende dalla terza logica. La nostra sicurezza e la sicurezza della prossima generazione dipendono dalla nostra libertà, o meglio, dall’uso che noi facciamo della nostra libertà.
La modernità si basa sulla libertà eppure, lo ripeto: la libertà è un fondamento che non fonda. In altre parole, in gran parte del mondo il paradosso di Rousseau è tuttora valido: tutti gli uomini nascono liberi eppure essi sono quasi dappertutto in catene. Sono liberi di assoggettarsi a dittature, tirannie, oligarchie, regimi totalitari oppure diventare cittadini di democrazie liberali. Tuttavia, proprio come i regimi totalitari possono crollare, così pure le democrazie liberali. Il Ventesimo secolo ci ha fornito svariati esempi. Si presuppone sempre che il mondo non andrà avanti come al solito, che la pace non durerà per sempre, che le nubi minacciose all’orizzonte delle democrazie liberali non spariranno d’incanto a meno che gli abitanti di quegli Stati acquistino la consapevolezza che la sicurezza di un mondo, di una società e delle generazioni future dipende dalla libertà, e più precisamente dall’utilizzo della possibilità di libertà, dalla narrativa della libertà politica ma anche dall’assumersi consciamente la responsabilità di tutelarla.
Le società moderne sono società insoddisfatte: il «capitano» regge il timone, ma non è lui a decidere la rotta, bensì i passeggeri e l’equipaggio. Per parlare senza metafore: l’insoddisfazione è giustificata, perché non esiste una società giusta e le democrazie liberali sono travagliate da molti mali. Uno di questi è l’insicurezza. Ci sono e ci saranno sempre molti che ripenseranno con nostalgia alle città pagane d’egitto, che chiederanno al capitano di impostare la rotta verso l’isola di Utopia. Tuttavia, le utopie non servono a niente. È impossibile superare la modernità, perché non c’è nulla dopo o sopra di essa. Si può solo arrivare a peggiorare l’assetto politico all’interno della società moderna. Nessuna società è in grado di garantire la felicità, l’amore ricambiato, il successo professionale e le soddisfazioni personali. Nessuna società è in grado di assicurare a tutti l’uguaglianza ma solo pari diritti e libertà ai suoi cittadini e — fino a un certo punto, ma mai del tutto — pari opportunità per sviluppare le proprie capacità. Non si arriverà mai a una società giusta perché una società completamente giusta non esiste e non esisterà mai. Esiste però un sistema politico dove tutti possono lottare per la giustizia. Non esiste la libertà assoluta né la sicurezza assoluta, perché se esistessero, non ci sarebbe motivo di vivere. L’homo sapiens non diventerà mai perfetto, buono, razionale. Ma, per ricordare le parole di Kant, è possibile fondare istituzioni grazie alle quali persino una razza di diavoli sarà costretta a comportarsi onestamente. Resta sempre valido l’invito di Voltaire a coltivare il nostro giardino.
La modernità è il nostro giardino, all’interno del quale trovano posto il continente, lo Stato e la città dove abitiamo. La vita sociale e la vita politica sono pericolose, e al giorno d’oggi ancor più pericolose che in passato. Perché più pericolose? Proprio a causa dell’universalismo empirico, poiché ciò che accade nell’angolo più sperduto non è più nell’angolo più sperduto, non ci sono più angoli sperduti. Proprio come in un organismo, ciò che accade in un Paese fa sentire il suo impatto su tutti gli altri Paesi. La responsabilità diventa planetaria. Se il raggio d’azione dei cittadini non è molto esteso, la loro responsabilità planetaria comincia (ma non finisce) con la responsabilità di salvaguardare le libertà della loro città, oppure di fare tutto ciò che è in loro potere per instaurare e difendere quelle libertà. I cittadini potranno allora coltivare il proprio giardino, e così facendo daranno una mano agli altri per coltivare il loro.
(traduzione di
Rita Baldassarre)
Società
Prima vanno difese le libertà. Allora i cittadini potranno coltivare il proprio giardino, e così facendo aiuteranno gli altri per coltivare il loro