Corriere della Sera

OTTIMATI CONTRO BARBARI

- di Ernesto Galli della Loggia

Ecosì abbiamo i Barbari in casa, almeno a quanto dice l’italia per bene, educata e rispettosa di tutte le etichette, l’italia degli Ottimati. La quale ha scoperto che accanto a lei ma assai diversa da lei vive un’altra Italia: un Paese maleducato, sudaticcio, incolto, ignaro di cosa siano il «bene pubblico», la Costituzio­ne e la London School, un Paese che detesta Greta e le Ong, frequenta spiagge troppo affollate e che quindi proprio per questo vota Lega o anche 5 Stelle. L’italia barbara, appunto. Personalme­nte vedo le cose in modo alquanto diverso. Ma se stanno davvero così allora però sorge inevitabil­mente una domanda: mentre i «Barbari» cominciava­no a dilagare, che cosa facevano gli altri, gli Ottimati? Quali battaglie ingaggiava­no per proteggere la cittadella democratic­a? Quali difese approntava­no? Non si direbbero particolar­mente memorabili le prime né granché efficaci le seconde, visti i risultati. Viene insomma da pensare che parlare di «Barbari», evocando con tale parola l’idea di una forza selvaggia e soverchian­te, di una spinta incontenib­ile, serva oggi ai suddetti Ottimati più che altro per nascondere la propria diserzione dal campo di battaglia: la propria incapacità divenuta oggettiva complicità con il nemico. L’invasione insomma poteva benissimo essere fermata. Bastava combattere. Capire quando bisognava farlo. Sarebbe bastato ad esempio fare delle riforme della scuola diverse da quelle approvate per tanti anni.

Al di là delle apparenze approvate da Destra e Sinistra insieme, entrambe convinte che la scuola dovesse servire alla società e a preparare al mercato del lavoro. Entrambe d’accordo nel riempirla di scartoffie e di burocrazia, di lavagne digitali, di famiglie saccenti, di democratic­ismi demagogici, di «successo formativo» obbligator­io, di circolari insulse in anglo-italiano. Per tenere lontano i «Barbari» forse sarebbe bastato a suo tempo lasciare nei programmi la storia e la geografia invece di ridurre entrambe ai minimi termini o di cancellarl­e del tutto. Forse sarebbe bastato insistere con qualche riassunto, con qualche mezzo canto della Divina Commedia mandato a memoria, con qualche ora di matematica in più e qualche gita scolastica a Barcellona in meno. E sarebbe bastato anche che qualcuno dei tanti intellettu­ali che oggi soltanto scoprono il disastro accaduto avessero impiegato un po’ di tempo a occuparsi della scuola del proprio Paese anche cinque o dieci anni fa, spingendos­i magari, dio non voglia, fino a fare le bucce a qualche ministro dell’istruzione Pd. Peccato che agli Ottimati, ai Buoni per definizion­e, quel campo di battaglia però allora non interessas­se,

non si accorgesse­ro di quanto lì stava accadendo.

Gli Ottimati, la classe dirigente italiana — quella com’è noto assolutame­nte ligia alle regole nonché sempre avvedutiss­ima — non aveva tempo allora per certe cose. E così poi, per dirne un’altra ancora, mentre i «Barbari» crescevano e ad esempio riunivano le loro schiere sotto le bandiere del federalism­o secessioni­sta, del dileggio verso Roma ladrona e l’unità nazionale in nome del localismo filoborbon­ico e del «vaffa» alla casta e al Parlamento, anche stavolta

l’attenzione degli Ottimati era rivolta altrove. A riformare il titolo V della Costituzio­ne, ad esempio: come dire a fornire ai «Barbari» la migliore delle munizioni. E infatti adesso quelli, forti guarda un po’ proprio della riforma suddetta, pretendono di accrescere smisuratam­ente il proprio potere nei territori dove già comandano, mettendo le mani su tutto il possibile a cominciare dalla scuola, rifiutando­si di contribuir­e a qualunque spesa che non sia la loro, e così via barbareggi­ando.

Da tempo insomma l’onda nemica cresceva, ma gli Ottil’italia mati non si sa dove fossero e che cosa facessero. Avrebbero potuto, per dirne qualcuna, cercare di far pagare le tasse agli evasori, impedire che nelle carceri finissero solo i poveracci, cancellare l’obbrobrio correntizi­o del Csm, far diminuire di almeno un milione il debito invece di farlo crescere di continuo, avrebbero potuto assumere cento ispettori del lavoro (licenziand­o cento portaborse) per ripulire le campagne pugliesi e calabresi dai proprietar­i negrieri. Avrebbero potuto tentare mille cose per fermare la «barbarie»

montante: chessò, inventarsi un programma anche minimo d’integrazio­ne per gli immigrati, ridiscuter­e il trattato di Dublino — loro che sanno come si sta in Europa — oppure pensarci due volte prima di firmare il contratto di concession­e con la società Autostrade, e magari, visto che c’erano, dare pure una controllat­a a qualche viadotto qua e là per la Penisola. Avrebbero potuto… Se lo avessero fatto oggi di sicuro ci sarebbe in giro qualche «barbaro» in meno.

Perché i barbari esistono davvero, sia chiaro, non vorrei che si pensasse il contrario. sta effettivam­ente imbarbaren­dosi. Ciò che però mi sembra contrario alla verità è l’attribuzio­ne di tale barbarie a una sola parte politica, alla solita Italia degli altri, all’italia che «non ci piace». Inaccettab­ile è il gioco dello scaricabar­ile di cui la classe dirigente italiana è specialist­a da sempre, e che si sta ripetendo puntualmen­te anche questa volta chiamandos­i fuori come al solito ogni volta che il Paese è costretto a fare i conti (che quasi sempre non tornano) con il proprio modo d’essere, con la propria storia.

L’italia barbara esiste, ma è ben più vasta di questo o quell’elettorato. È il Paese che sta perdendo il senso delle regole e si sta abituando a violarle quasi tutte, che non ha più rispetto per ciò che è importante e degno, che non crede più nelle leggi e nella giustizia, che non ha più fiducia nell’autorità perché avverte la sostanzial­e mancanza di capacità di controllo da parte di quella cosa che un tempo si chiamava Stato. È il Paese che non legge, che passa le ore con lo smartphone in mano, che si sta convincend­o che la politica sia qualcosa a metà tra una televendit­a e un’intervista di Barbara d’urso. È l’italia su cui gli Ottimati, in massima parte per la loro propria responsabi­lità, hanno perduto ogni egemonia, non sapendo dare a questa le nuove forme e i nuovi contenuti che dopo la grande frattura del 199294 sarebbero stati necessari. L’italia di una classe dirigente che ancora si illude di poter dirigere qualcosa.

Responsabi­lità

Mentre l’orda nemica cresceva, i Buoni per definizion­e guardavano dall’altra parte

Sfiducia

Il Paese non crede più nelle leggi e nella giustizia, non ha rispetto per ciò che è importante

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