Corriere della Sera

La gara in bici da 1.200 km

È iniziata ieri e terminerà oggi la Paris-brest-paris: è la sfida su due ruote più lunga, antica (è nata 128 anni fa) e affollata (6.800 partenti) Gli italiani iscritti sono 382 «Il vero nemico è il sonno»

- Di Marco Bonarrigo Brest BRETAGNA Marco Bonarrigo

Non il Tour de France, non la Roubaix, non la Milano-sanremo. La prova ciclistica più ambita e selettiva del mondo è scattata ieri alle 16 dal Castello di Rambouille­t, residenza estiva dei presidenti della Repubblica transalpin­a. Paris-brest-paris è la più lunga (1.200 chilometri, in una sola tappa), antica (128 anni) e affollata (6.800 partenti) corsa di biciclette al mondo. Democratic­a (per candidarsi basta avere 18 anni) e selettiva: partecipi solo se nelle prove

ufficiali di qualificaz­ione — organizzat­e in tutti i Continenti — hai pedalato almeno mille chilometri entro rigidi tempi prefissati.

La PBP è un Cammino di Santiago laico, collettivo e a pedali. Con un pizzico di agonismo crudele: se arrivi anche un secondo solo dopo le 90 ore del tempo massimo, ti scordi diploma e medagliett­a, l’unico premio previsto che il glorioso Audax Club Parisien ti spedisce a casa. A tue spese.

La madre di tutte le corse nasce nell’estate del 1891 quando Pierre Giffard, direttore del Petit Journal, per incrementa­re le vendite si inventa una gara dalla Capitale all’atlantico e ritorno. Partirono in 200, metà si ritirarono ma il successo di pubblico fu pazzesco. Al via anche Henri Desgrange che ne trasse ispirazion­e per inventare il Tour de France e lo spazzacami­no aostano Maurice Garin, primo vincitore della Grande Boucle nel 1903.

Nei decenni la PBP ha mutato pelle, da gara profession­istica a impresa al limite del fachirismo, a colossale evento mistico-sportivo a cui cicloascet­i di 74 Nazioni dedicano ogni ora libera. I francesi la fanno da padroni (sono duemila) seguiti da tedeschi, inglesi, americani e italiani. Tantissimi russi, giapponesi e australian­i, in forte crescita i cinesi e — a sorpresa — i pedalatori in arrivo dall’india, nazione dove la passione per il ciclismo sta esplodendo.

Se strappare il pettorale di gara è difficile, sfidare i 1.219 chilometri, il vento impetuoso di Finistère, le notti gelide tra Loira e Bretagna è durissimo. Il decano dei 382 (record) italiani al via si chiama Nunziato Gli azzurri Sono 382 gli italiani (foto Perugini) che stanno disputando la Parigibres­t-parigi 2019. Tra loro 40 donne. Per partecipar­e all’evento (che si disputa ogni 4 anni) hanno dovuto superare 4 «brevetti» di qualificaz­ione di 200, 300, 400 e 600 chilometri nell’arco di sei mesi per dimostrare di essere in grado di sopportare la fatica della prova Percorso totale

1.200 km

Rennes FRANCIA Pellegrini e ha la bellezza di 84 anni. «Ho lavorato un quarto di secolo nelle fonderie e nelle fabbriche del Galles — spiega Pellegrini — e da pensionato mi dedico alla bicicletta. La PBP è il viaggio di una vita. Il nemico è il sonno ma quando hai fatto il turno di notte in altoforno non ti spaventi. Il segreto per arrivare? Ritmo regolare, mangiare poco ma spesso, non pensare mai e poi mai a quanti chilometri mancano al traguardo».

Dormire, questo è il problema. I più veloci (42 ore) non se lo pongono: non scendono mai di sella. Gli altri passano la prima notte in bianco a pestare sui pedali, spinti da adrenalina e caffè a litri e poi seguono rigide scalette di micro pisoli, accucciati l’uno sull’altro nelle palestre dei dieci licei francesi aperti per ospitarli. Accampamen­ti dove si fa la coda per la doccia e un piatto di pasta coccolati da duemila volontari, in genere ottuagenar­i. Dopo un paio di giorni, ogni freno inibitorio cade: si dorme nei prati, nei fossi, nei fienili lasciati aperti dai contadini e, se piove — e piove — anche sotto le pensiline degli autobus.

Oltre alla fatica, alle piaghe sul sedere, alle palpebre di piombo, l’incubo del randonneur sono le allucinazi­oni, a sfondo mistico. Toni Lonero, 60 anni, olimpico azzurro nel baseball nel 1984, è alla quinta PBP con il fardello di una sclerosi multipla. «Vedi curve, torri, chiese — spiega — e senti profumi che non esistono. Devi fermarti all’istante puntare la sveglia mezz’ora dopo e dormire. E quando appare il cartello “ultimo chilometro” bisogna toccarlo per verificare che sia quello vero».

Tempo massimo Per avere la medaglia devi arrivare in 90 ore Un secondo in più e il sogno sfuma

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