Quel professore è fuori dagli schemi Il mondo social lo mette sotto accusa
«Gettami ai lupi» (Guanda) di Patrick Mcguinness narra l’inchiesta su un delitto e sulla Gran Bretagna oggi
Con lo sguardo lontano da questo mondo, Mr Wolphram se ne sta seduto in silenzio nella sua «lucentezza fredda», pelle trasparente e stessi capelli grigi di trent’anni fa, come quando insegnava al Chapelton College. Non sa che il poliziotto che lo sta interrogando — lo chiamano Prof, un po’ per l’indole riflessiva e un po’ per la laurea in psicologia criminale — è stato un suo allievo. Con l’incrocio di queste due vite inizia Gettami ai lupi (Guanda), il romanzo del poeta e scrittore Patrick Mcguinness che, partendo dalla narrazione di un giallo, presenta il suo punto di osservazione (veritiero, senza pietà) sul suo Paese, l’inghilterra post Brexit. E sulla fragilità umana.
Mr Wolphram è in stato di fermo per il caso Zalie Dyer, giovane assassinata nei pressi del Tamigi. È il sospettato numero uno: è il vicino di casa della ragazza, scapolo, solitario, e ha gusti «ambigui» (professore di Lettere, è amante di musica classica e letteratura). Per notiziari e giornali il professore di lettere è già un «orco-eremita». Seguono il caso due poliziotti, il Prof e il sottoposto Gary. Nulla li accomuna, né temperamento, né formazione o classe sociale. Il Prof è silenzioso e riflessivo; Gary è una testa calda, «il perfetto stereotipo dell’individuo regredito al limite del razzismo; un sessista grasso e rozzo». Ma sarà il modo in cui osservano il mondo da angolazioni diverse a portare a termine il caso.
Da quando hanno fermato Mr Wolphram, il Prof è paralizzato nei ricordi, lente d’ingrandimento che usa sul presente. Il romanzo segue così una trama parallela ambientata 30 anni prima, quando lui e il suo professore frequentano Chapelton. Entrambi sono testimoni di quello che accalecamere
de, tra il consenso omertoso del sistema scolastico: i soprusi e il bullismo da parte degli insegnanti — maschi, sessualmente repressi, deviati — sui ragazzi, e i «razzismi politici» (sullo sfondo il conflitto nordirlandese). Il college maschile esclude e umilia i diversi, i non omologati: crea e immette nel mondo un’umanità meschina. Le torbide vicende passano in silenzio per tutti, tranne che per Mr Wolphram. Sarà forse per questo che mentre la stampa ritocca la sua foto, quella in cui sembra un lupo affamato, vicini, conoscenti ed ex colleghi sono in coda dietro alle teper contribuire alla ghigliottina mediatica: «Quando si tratta di perseguitare la diversità, la società britannica sa superare le divisioni di classe per unire le forze nella causa comune».
Fa da cornice alla trama la denuncia di un mondo che Mcguinness racconta perverso e codardo. L’autore ritrae un Paese attaccato con i denti al nazionalismo, che vota di pancia e ghettizza il diverso. Mcguinness mette sotto processo la società britannica, i media, il classismo sociale, gli urlatori di odio sui social network («un sordido zoo di reazioni isteriche», dove bulldog, leoni, Churchill e la Union Jack sono i simboli dietro a ogni «profilo»): «Prendi la vergogna sessuale e la frustrazione
Virtuale e reale Gli umani passano il tempo a ruggire online. Anche la morte sembra evanescente
sessuale, aggiungici ricchezza, gerarchia e violenza fisica e mentale, poi servilo in un grosso bicchiere chiamato diritto acquisito e ottieni... be’: ottieni quello che abbiamo».
Ma c’è una cosa che sembra passare in secondo piano in tutto questo caos: la fine di un’esistenza. In un mondo impegnato a rimirarsi nella vita irreale di un profilo che galleggia nella Rete, la morte di Zalie appare quasi come evanescente. Eppure c’è più vita nella sua morte che nel villaggio virtuale dove gli esseri umani passano il tempo a ruggire: «Ogni forma di vita muore a modo suo, evoca il proprio sfacelo. Il nostro è: un profilo su un sito web, una faccia di pixel e un brulichio di clic mentre Zalie si decompone sotto un’icona lapide con corone di emoji».