Union, cuore e acciaio Il debutto in Bundesliga della squadra di Berlino sempre all’opposizione
La sconfitta con il Lipsia non rovina la grande festa
BERLINO Sono tutti in piedi a cantare e applaudire, a ritmo di rock duro e gol pesanti segnati solo dagli avversari. Anche i più anziani ci danno dentro, roteando pericolosamente le stampelle in aria. Del resto qualche rischio bisogna pur correrlo, perché questa non è una favola patinata, ma è una storia di cuore e acciaio, di calcio color nostalgia e orgoglio che resiste anche alle scorie del triste debutto in Bundesliga della vecchia Berlino Est e della sua squadra di culto, l’union Berlin. Per tutti qui l’eisern Union, l’unione di ferro: non solo una metafora di quello che ha rappresentato il club durante gli anni bui della Ddr e della città divisa dal Muro, ma anche un riferimento alla tradizione metalmeccanica di questo sobborgo distante quindici chilometri da Alexanderplatz.
«È l’ora del cambiamento. Il calcio è di tutti — scrivono gli ultrà sui loro striscioni —. Dopo trent’anni ci sarà un’unione di prima classe?». A giudicare dalla squadra vengono parecchi dubbi, ma l’ambiente è da brividi per 90 minuti. E anche oltre, visto che i cori dopo una sconfitta imbarazzante durano almeno un quarto d’ora, come se nulla fosse: il mitico tifo inglese, in confronto, sembra da dilettanti.
Lo stadio «Alla vecchia foresteria» confina con un bosco ed è destinato a diventare un luogo mitico, non solo perché qui 18300 posti su 22mila sono in piedi o perché resiste ancora il vecchio tabellone del punteggio in legno. Ma soprattutto perché qui si custodisce gelosamente un tifo duro e puro: «Il biglietto lo possono comprare solo i membri — spiega un responsabile commerciale del club —. Cosa ci rende speciali? La partecipazione popolare, la vicinanza coi tifosi, quelli che hanno donato il sangue per raccogliere i fondi nel 2004 per iscrivere la squadra in quarta serie e quelli che hanno lavorato gratis centinaia di ore per ristrutturare lo stadio. Non vogliamo cambiare neanche i prezzi dei biglietti: dagli 8 euro per un bambino ai 40 per i posti migliori».
La Bundesliga è il paradiso del tifoso, ha il costo medio degli abbonamenti più basso (sotto i 200 euro, in Italia è circa 250) e l’affluenza media di pubblico a partita più alta (39mila spettatori contro i 24mila della A). Nella «Vecchia
foresteria» ci sono ovviamente anche una tribuna vip e il negozio in cui comprare il tostapane griffato o il nano da giardino con la maglia biancorossa. Lo speaker ha la maglietta arcobaleno e c’è pure l’organetto a manovella azionato da un vecchio tifoso, ma lo spirito è ancora autentico, non folkloristico: «Siamo un club della classe lavoratrice — spiega Roland Krispin, tifoso classe ‘65 —. non abbiamo
un’anima in vendita e rimarremo quelli di sempre: andavo allo stadio ben prima che cadesse il Muro, più che una forma di protesta era la voglia di provare un sentimento diverso, un’altra vita, lunga novanta minuti».
Sulla tenuta dell’union c’è una fiducia di ferro, come la mazza chiodata della mascotte, un cavaliere medievale col nasone. Ma il Lipsia targato Red Bull, disprezzato perché
considerato una pura operazione commerciale, è uno squadrone da Champions e fa quattro gol senza sforzo. I berlinesi scioperano contro gli avversari restando muti per i primi 15’, ma dopo ogni sberla ricevuta cantano e bevono ancora più forte. Perché questo è il club della solidarietà, non solo verso i giocatori, che non vengono mai fischiati (ed è «vietato» andare via prima della fine): quando la città ha avuto bisogno di fronteggiare l’emergenza migranti, la casa del tifoso dell’union ne ha ospitati centinaia, aiutandoli a inserirsi nelle aziende degli sponsor (il presidente Finker è nel ramo della logistica). E prima del calcio di inizio, sul prato c’è una gigantografia con due mani unite che tengono un cuore: «Uniti ci salveremo» rilancia l’allenatore svizzero Urs Fischer, cavalcando l’entusiasmo popolare, nemmeno scalfito dalla prima batosta. Nella favola del calcio antico ai confini del bosco forse è questa l’unica bugia.
Anima
Il tifoso: «Siamo il club della classe lavoratrice, la nostra anima non è in vendita»