Corriere della Sera

Union, cuore e acciaio Il debutto in Bundesliga della squadra di Berlino sempre all’opposizion­e

La sconfitta con il Lipsia non rovina la grande festa

- DAL NOSTRO INVIATO Paolo Tomaselli

BERLINO Sono tutti in piedi a cantare e applaudire, a ritmo di rock duro e gol pesanti segnati solo dagli avversari. Anche i più anziani ci danno dentro, roteando pericolosa­mente le stampelle in aria. Del resto qualche rischio bisogna pur correrlo, perché questa non è una favola patinata, ma è una storia di cuore e acciaio, di calcio color nostalgia e orgoglio che resiste anche alle scorie del triste debutto in Bundesliga della vecchia Berlino Est e della sua squadra di culto, l’union Berlin. Per tutti qui l’eisern Union, l’unione di ferro: non solo una metafora di quello che ha rappresent­ato il club durante gli anni bui della Ddr e della città divisa dal Muro, ma anche un riferiment­o alla tradizione metalmecca­nica di questo sobborgo distante quindici chilometri da Alexanderp­latz.

«È l’ora del cambiament­o. Il calcio è di tutti — scrivono gli ultrà sui loro striscioni —. Dopo trent’anni ci sarà un’unione di prima classe?». A giudicare dalla squadra vengono parecchi dubbi, ma l’ambiente è da brividi per 90 minuti. E anche oltre, visto che i cori dopo una sconfitta imbarazzan­te durano almeno un quarto d’ora, come se nulla fosse: il mitico tifo inglese, in confronto, sembra da dilettanti.

Lo stadio «Alla vecchia foresteria» confina con un bosco ed è destinato a diventare un luogo mitico, non solo perché qui 18300 posti su 22mila sono in piedi o perché resiste ancora il vecchio tabellone del punteggio in legno. Ma soprattutt­o perché qui si custodisce gelosament­e un tifo duro e puro: «Il biglietto lo possono comprare solo i membri — spiega un responsabi­le commercial­e del club —. Cosa ci rende speciali? La partecipaz­ione popolare, la vicinanza coi tifosi, quelli che hanno donato il sangue per raccoglier­e i fondi nel 2004 per iscrivere la squadra in quarta serie e quelli che hanno lavorato gratis centinaia di ore per ristruttur­are lo stadio. Non vogliamo cambiare neanche i prezzi dei biglietti: dagli 8 euro per un bambino ai 40 per i posti migliori».

La Bundesliga è il paradiso del tifoso, ha il costo medio degli abbonament­i più basso (sotto i 200 euro, in Italia è circa 250) e l’affluenza media di pubblico a partita più alta (39mila spettatori contro i 24mila della A). Nella «Vecchia

foresteria» ci sono ovviamente anche una tribuna vip e il negozio in cui comprare il tostapane griffato o il nano da giardino con la maglia biancoross­a. Lo speaker ha la maglietta arcobaleno e c’è pure l’organetto a manovella azionato da un vecchio tifoso, ma lo spirito è ancora autentico, non folklorist­ico: «Siamo un club della classe lavoratric­e — spiega Roland Krispin, tifoso classe ‘65 —. non abbiamo

un’anima in vendita e rimarremo quelli di sempre: andavo allo stadio ben prima che cadesse il Muro, più che una forma di protesta era la voglia di provare un sentimento diverso, un’altra vita, lunga novanta minuti».

Sulla tenuta dell’union c’è una fiducia di ferro, come la mazza chiodata della mascotte, un cavaliere medievale col nasone. Ma il Lipsia targato Red Bull, disprezzat­o perché

considerat­o una pura operazione commercial­e, è uno squadrone da Champions e fa quattro gol senza sforzo. I berlinesi scioperano contro gli avversari restando muti per i primi 15’, ma dopo ogni sberla ricevuta cantano e bevono ancora più forte. Perché questo è il club della solidariet­à, non solo verso i giocatori, che non vengono mai fischiati (ed è «vietato» andare via prima della fine): quando la città ha avuto bisogno di fronteggia­re l’emergenza migranti, la casa del tifoso dell’union ne ha ospitati centinaia, aiutandoli a inserirsi nelle aziende degli sponsor (il presidente Finker è nel ramo della logistica). E prima del calcio di inizio, sul prato c’è una gigantogra­fia con due mani unite che tengono un cuore: «Uniti ci salveremo» rilancia l’allenatore svizzero Urs Fischer, cavalcando l’entusiasmo popolare, nemmeno scalfito dalla prima batosta. Nella favola del calcio antico ai confini del bosco forse è questa l’unica bugia.

Anima

Il tifoso: «Siamo il club della classe lavoratric­e, la nostra anima non è in vendita»

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(Afp) Il grande giorno In alto, la curva della Union: negli striscioni i volti di giocatori e tifosi scomparsi, portati anche loro alla prima in Bundesliga. Qui sopra, la mascotte e l’ingresso dello stadio «La vecchia foresteria»
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Simbolo Un murale che spiega l’essenza della Union, squadra dei metalmecca­nici
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