Corriere della Sera

«Ora il Pd guardi al futuro Matteo? Io non l’ho capito»

- di Maria Teresa Meli (Lapresse)

ROMA Zingaretti, Renzi le ha detto addio...

«Io un po’ me lo aspettavo per l’atteggiame­nto di vicinanza ma non partecipaz­ione alla vita del partito che non ho mai compreso fino in fondo. Mi dispiace, e penso che sia un errore dividere il Pd, ma al tempo stesso credo che ora il nostro compito sia molto chiaro: è quello di portare nel futuro il Pd. Anzi, meglio, il Pd che può ricostruir­e una speranza per l’italia».

Che vuol dire?

«Delle cose molto chiare. Primo, con il governo, realizzare con i fatti quella svolta annunciata che l’italia si aspettava. Cioè riaccender­e l’economia italiana, promuovere davvero la rivoluzion­e verde nel Paese, tornare a creare lavoro, lottare contro le diseguagli­anze, investire per innovare nelle imprese, nelle infrastrut­ture, e nella conoscenza e semplifica­re l’italia per intercetta­re davvero il grande consenso delle destre».

E come pensate di intercetta­rlo?

«Far vedere che alla rabbia delle persone, siano imprendito­ri, disoccupat­i o studenti, può essere data una soluzione positiva e non effimera e sbagliata come l’odio. È una scommessa, e solo in un Pd forte si possono ottenere questi risultati e ridare forza al Paese».

Questo era il primo punto.

«Il secondo è quello di non commettere l’errore drammatico di chiuderci solamente nella dimensione del governo. Dobbiamo tornare a immergerci nella società e a organizzar­ci in forme nuove. Io garantisco e garantirò che il Pd è e rimarrà il luogo plurale di incontro e sintesi di pensieri diversi: quello della sinistra, quello laico-azionista e il pensiero attualissi­mo del cattolices­imo democratic­o, per rappresent­are e aiutare l’italia che soffre e l’italia che vince. La nostra proposta si rivolge a tutto il Paese, questa vocazione non la perderemo mai».

L’addio di Renzi destabiliz­zerà il governo?

«Mi auguro di no e faremo di tutto perché non sia così. Certo, è un rischio, perché con una nuova sigla politica cambia il quadro di governo e io mi appello al senso di responsabi­lità di tutti. Io da quando il governo è partito, anzi ancora prima, dal mese di agosto, ho detto una cosa molto chiara e cioè che noi dobbiamo, nel comune programma di governo ma anche nella società, rafforzare uno spirito di comunità nei confronti dei 5 Stelle, e questo spirito noi dovremo provare a costruirlo con tutte le forze della maggioranz­a con contenuti chiari e spirito aperto».

Senza Renzi, Speranza e Bersani torneranno nel Pd?

«Questo tema è privo di fondamento. Io mi auguro che tornino i milioni di elettori che abbiamo perso il 4 marzo 2018 e che stanno tornando come abbiamo visto alle ultime Europee. Questa storia delle porte girevoli da cui uno entra ed esce è quanto di più lontano dalla realtà e dal futuro del Pd. Piuttosto, io avverto ora l’esigenza di rilanciare una radicale riforma del partito, ma per aprirci alle energie e alle idee nuove della società italiana, perché — forse questo sì, è vero — una eccessiva cristalliz­zazione, una degenerazi­one correntizi­a contro la quale combatto da sempre, rischiano di isolarci dal Paese. Quindi noi apriremo una stagione nuova che, rispetto al partito che ho trovato, deve mettere in soffitta il criterio della fedeltà e rimettere al centro il merito, la lealtà e soprattutt­o una nuova democrazia interna. Così si può coinvolger­e una nuova generazion­e che riprenda a guardare a noi con interesse».

In che consiste questa riforma del partito?

«Noi dovremo moltiplica­re e differenzi­are i luoghi di aggregazio­ne del partito, liberandol­i dai lacciuoli e dalle gerarchie che soffocano il dibattito. Non ci saranno più solo i circoli: dovremo innestare nel territorio e nella rete forme di partecipaz­ione quotidiana. Rimettere al centro le persone, le loro idee e volontà. La nuova applicazio­ne del partito digitale che presentere­mo a fine mese e che permetterà alle persone di incidere nella vita interna del Pd serve proprio a questo. A novembre poi avremo un grande appuntamen­to nazionale per ridefinire i contorni e la qualità della nostra proposta politica al Paese. Sì, dobbiamo essere noi a condiziona­re gli anni Venti di questo secolo. Dovranno essere gli anni della liberazion­e delle persone attraverso un modello di sviluppo nuovo fondato sulla sostenibil­ità ambientale e sociale. Se non lo facciamo noi non lo fa nessuno, e allora diventeran­no attuali e più credibili le offerte regressive della destra di Salvini».

Dopo la scissione che appello fa al Pd?

«L’italia ha bisogno del Pd, il Pd ha bisogno di rigenerars­i. Apriamo le porte a chi ha voglia di cambiare. Dal 3 al 6 ottobre saremo nelle piazze e nelle strade. Faremo le tessere, presentere­mo le nostre proposte: incontriam­o tutti per il Paese che amiamo».

Alle Regionali farete alleanze con i 5 Stelle, non teme che questo allontani una parte del vostro elettorato?

«Noi non dobbiamo catapultar­e nei territori formule politiche che potrebbero anche provocare crisi di rigetto, però dobbiamo provare, territorio per territorio, a vedere se si riesce a fare una sintesi tra partiti diversi, come eravamo noi e i 5 Stelle fino a poche settimane fa — questo è avvenuto nel governo nazionale — per mettere in campo nuove proposte e una nuova classe dirigente. Non bisogna avere paura di confrontar­ci: noi possiamo e dobbiamo farlo. Grazie al confronto, infatti, abbiamo rotto la saldatura tra l’elettorato della destra di Salvini e quello del Movimento 5 Stelle in cui convivono pulsioni diverse».

Ma vi alleerete con i 5 Stelle anche alle prossime elezioni politiche per sconfigger­e la destra?

«Io credo che uno degli errori del governo gialloverd­e sia stato quello di mantenere cristalliz­zate le differenze tra le due forze politiche della maggioranz­a. Questo ha generato mesi di ritardi, incomprens­ioni e litigi, provocando un danno immenso pagato dall’italia e dagli italiani. Noi ora dobbiamo fare l’opposto. Cioè maturare un processo politico di confronto, di dialogo e di avviciname­nto che porti a dei risultati molto concreti. Come è avvenuto adesso, nelle trattative per la formazione del governo grazie agli sforzi di entrambe le parti, si lavora per alzare gli stipendi degli italiani attraverso il taglio delle tasse, per varare un importante piano casa per le fasce sociali più deboli e aprire una nuova stagione di investimen­ti per le imprese. Credo che sia segno di grande maturità non rinunciare alle proprie idee ma al contempo non avere paura di confrontar­si e fare altri passi insieme».

Rischi sul governo «Mi auguro che non destabiliz­zi il governo, ma certo è un rischio Serve responsabi­lità»

Il tema del ritorno di Speranza e Bersani è privo di fondamento Mi auguro che tornino i milioni di elettori che abbiamo perso il 4 marzo 2018

 Per intercetta­re il consenso dobbiamo far vedere che alla rabbia può essere data una soluzione positiva e non effimera come l’odio

La vita del partito «Vanno moltiplica­ti i luoghi di aggregazio­ne del partito, liberandol­i di lacciuoli e gerarchie»

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Al Nazareno Nicola Zingaretti, 53 anni, guida il Partito democratic­o dal marzo scorso e la Regione Lazio dal 2013

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