La notte del «sì» ma «salvo intese»
Il modo in cui il governo, l’altra notte, ha approvato la manovra non promette niente di buono. Lo stesso verbo approvare è ottimistico.
Infatti, il disegno di legge di Bilancio e il decreto legge fiscale che lo accompagna hanno ricevuto l’ok del Consiglio dei ministri «salvo intese», la famigerata formula cui ci aveva abituato il Conte 1 e che sta a significare che l’esecutivo, nonostante la maratona notturna, non è riuscito a trovare pieno accordo sui provvedimenti della manovra da 30 miliardi per il 2020. I contrasti fra i ministri, in particolare sulla riduzione del tetto all’uso del contante e sull’inasprimento del carcere per i grandi evasori, evidenziano un alto livello di conflittualità nella risicata maggioranza che sostiene il Conte 2, dove ciascuno dei quattro partiti (M5s, Pd, Leu e Iv) ha potere di vita e di morte sull’esecutivo. E siamo solo all’inizio.
Quando i due provvedimenti arriveranno in Parlamento la battaglia si trasferirà lì. Sarà scontro soprattutto tra 5 Stelle e Italia viva, il nuovo partito di Matteo Renzi. E fin d’ora si può affermare che sarà un miracolo se Conte riuscirà, ovviamente ricorrendo al voto di fiducia, a portare a casa la manovra senza stravolgimenti. Una manovra che, comunque vada, resterà di scarso impatto sulla crescita e di corto respiro. Basti dire che, tra un anno, la principale questione che dovrà affrontare il governo, qualunque esso sia, sarà la sterilizzazione delle clausole di salvaguardia. Gli aumenti dell’iva già programmati dai precedenti governi sono stati infatti cancellati totalmente per il 2020 ma solo parzialmente per gli anni successivi. E così la legge di Bilancio 2021 dovrà trovare circa 18 miliardi per evitare il rincaro delle aliquote Iva. Come dire che siamo punto accapo.
Per il resto, la manovra 2020 ha il merito di mettere al centro la lotta all’evasione fiscale, il cui livello anomalo (109 miliardi di euro di mancato gettito all’anno) è uno dei grandi problemi dell’italia. Più di 3 miliardi di entrate sono già cifrati, grazie a una stretta sulle compensazioni indebite tra crediti e debiti fiscali e previdenziali e alle misure contro le frodi nel settore dei carburanti. Altre risorse potranno arrivare dalla campagna, sostenuta anche dalla lotteria degli scontrini, per la diffusione dei pagamenti elettronici. L’enfasi posta dal governo sulla tracciabilità sembra giustificata dai risultati ottenuti quest’anno con l’obbligo della fatturazione elettronica. Secondo le opposizioni si rischia uno Stato di polizia. Slogan a parte, l’esecutivo farà bene ad aiutare i piccoli esercenti per le commissioni che devono sostenere sulle transazioni elettroniche. Nel frattempo, avrebbe potuto evitare l’introduzione di balzelli vecchia maniera, tipo l’aumento da 50 a 150 euro delle imposte sul trasferimento di immobili tra privati o il bollo di 2,4 euro per ciascun foglio dei certificati penali. Incombe poi il taglio delle detrazioni fiscali sui redditi superiori a 120 mila euro: meno dell’1% dei contribuenti, oltretutto già tartassati. Demagogiche sembrano anche le misure sul carcere per chi evade le tasse. Ci limitiamo a osservare che i grandi evasori, prima di tenerli in prigione fino a 8 anni anziché 6, bisogna prenderli e condannarli. Va invece sostenuta, anche se oggi può sembrare velleitaria, la web tax sulle grandi imprese di servizi digitali.
La promessa di tagliare le tasse sul lavoro, il cosiddetto cuneo, è rispettata a metà: la misura partirà il prossimo luglio e in media dovrebbe dare una quarantina di euro al mese a chi sta tra 8 mila e 35 mila euro di reddito, compresi quindi anche quelli che già prendono il bonus Renzi (redditi fino a 26.600 euro). Pochi soldi al ceto medio, mentre resterebbero fuori ancora una volta gli incapienti, quelli con meno di 8 mila euro l’anno, toccati solo marginalmente dal Reddito di cittadinanza che, peraltro, avrebbe bisogno di una messa a punto per restringere sia gli abusi sia la trappola dell’assistenzialismo. Una spinta maggiore alla crescita verrà senz’altro dal bonus fino al 90% sui lavori di rifacimento delle facciate degli edifici, una buona idea. Lodevole anche lo sforzo di un piano di una cinquantina di miliardi in 15 anni per le infrastrutture, ma va detto che serve a poco accumulare piani (come si è fatto in questi ultimi anni) se poi i soldi stanziati non si riescono a spendere. Il quadro, insomma, non è esaltante. Una manovra modesta, costruita in fretta e furia dal governo insediatosi il 5 settembre. Spetta ora alla maggioranza, in Parlamento, farne la base per consolidare il Conte 2 anziché per lanciare la campagna elettorale.