Velluto azzurro
Il metodo del c.t. delle 9 vittorie: responsabilizzare i giocatori ed evitare di stressarli
Leggeri alla meta. Roberto Mancini ha eguagliato il record di Vittorio Pozzo (9 successi di fila), ha sempre vinto nel girone ed è vicino anche all’ultimo traguardo prima del misterioso e affascinante viaggio all’europeo: essere tra le sei magnifiche teste di serie al sorteggio di Bucarest, il 30 novembre. Mancano due punti nelle prossime due partite, in trasferta con la Bosnia e a Palermo con l’armenia. Ma potrebbe bastarne uno solo. Insomma, ci siamo. La differenza è l’organizzazione tattica: i risultati attraverso il gioco. Ma soprattutto la gestione psicologica del gruppo. Conte, l’ultimo a lasciare il segno in maglia azzurra, aveva una filosofia completamente diversa: lavoro duro e dedizione totale. Lacrime e sangue. Ventura, passato alla storia per non averci portato al Mondiale in Russia, stressava i giocatori con doppi allenamenti e lunghe sessioni video.
Il nuovo Mancini, a cui calza alla perfezione l’abito azzurro, ha scelto un’altra via: responsabilizzare il gruppo e alleggerire i carichi. Lo ha fatto sin dal primo giorno e mai ha abbandonato la strada maestra. Le regole della casa sono molto apprezzate dalla ciurma: il raduno è slittato a mezzogiorno del lunedì in modo che i giocatori possano trascorrere la domenica notte a casa, gli allenamenti mai più di uno al giorno e le lezioni video sono ridotte allo stretto indispensabile. Anche il tipo di lavoro è cambiato: le sedute sono corte e intense. E nel corso dei dieci giorni in cui il gruppo sta insieme, c’è sempre spazio per una o due serate di libertà: stavolta è successo mercoledì sera, ultimo giorno a Coverciano e domenica pomeriggio a Roma, con la qualificazione chiusa in cassaforte.
Del resto Mancini non vuole sovrapporsi al lavoro degli allenatori di club: «Sarei presuntuoso se pensassi di mettere in forma i giocatori con il poco tempo che ho a disposizione. Casomai devo aiutarli a mantenere la condizione, lavorando sulla tattica». Il piano è semplice e complesso allo stesso tempo: valorizzare la linea verde e tutelare gli anziani. Tutto è studiato nei particolari. Capitan Bonucci, lanciato verso le 100 maglie azzurre (93 le presenze), ha riposato insieme a altri nove titolari nello stadiolo di Vaduz. Il tecnico, per farlo avvicinare al traguardo, lo ha fatto entrare a due minuti del novantesimo. Ed è proprio il difensore bianconero a spiegare il rapporto di ferro che lega il gruppo alla sua guida: «Grazie a Mancini apprezziamo il tempo azzurro, che è fatto di lavoro ma anche di libertà. Noi diamo tutto e lui, quando è possibile, ci lascia liberi».
Mancini non ha dimenticato come ragionano i giocatori. Ed è convinto che la serenità aiuti il gruppo a crescere. Le esperienze all’estero, dove il calcio è vissuto con altrettanto impegno ma un filo di distacco in più, hanno rinforzato certe convinzioni. Ora bisognerà vedere l’italia di fronte a un esame vero. È l’ultimo step. Il sorriso non basta. Ma per adesso ha ragione lui. Nei diciassette mesi da c.t. ha evitato le trappole e ci ha regalato momenti di bel calcio. Nella trasferta in Bosnia, il 15 novembre, cominceremo a capire di che pasta siamo fatti e se l’idea meravigliosa del Mancio, vincere l’europeo, può trasformarsi in una solida realtà.