Corriere della Sera

Chailly: la musica è ricerca

«Ci sono molti autori da riscoprire, Rachmanino­v, Rota, Varèse»

- dal nostro inviato Helmut Failoni

SHANGHAI L’atterraggi­o è all’alba. Le strade che portano verso il centro si accavallan­o l’un l’altra. Ce ne sono a destra, a sinistra, sopra, sotto. Tutto scorre veloce, silenzioso, con lo stesso ordine e rigore con cui, una volta arrivati in centro a Shanghai, si vedono camminare gli abitanti. Che sono circa 25 milioni. Ci si può sentire perduti come il protagonis­ta di Epepe di Ferenc Karinthi, lo scrittore amato da Emmanuel Carrère, in cui il protagonis­ta si ritrova per errore in una città ignota dove nessuno lo considera e se gli parla lo fa in una lingua ignota. Poi arriviamo nella zona della concession­e francese, sulla riva sinistra del fiume Huangpu, e proseguiam­o verso la Shanghai Concert Symphony Hall.

È il richiamo della musica. Il pizzicato finale della Sesta Sinfonia di Gustav Mahler. C’è il maestro Riccardo Chailly sul podio che sta provando con la «sua» Orchestra del Festival di Lucerna, ora in tournée in Cina. Pechino, Shanghai, Shenzhen con un programma che prevede la Sesta di Mahler, la Quarta di Pëtr Il’ic Chajkovski­j, la Terza e il Concerto per pianoforte e orchestra nr. 3 di Sergej Rachmanino­v (solista il giovanissi­mo Alexander Malofeev). Il volto di Chailly è disteso, l’aria soddisfatt­a del risultato sonoro ottenuto. «Il pizzicato finale della Sesta — spiega al “Corriere” indicandol­o sulla partitura — è una vibrazione che fa male, che deve dare il senso del dolore. Suonato con l’affondo di suono e con la consapevol­ezza di questa straordina­ria orchestra, fa emergere tutta la drammaturg­ia emotiva, non scritta, che sta dietro alla musica di Mahler. I musicisti di questa compagine unica, formata da alcune delle migliori prime parti delle orchestre europee, si ritrovano soltanto per un mese all’anno, due settimane di prove e concerti a Lucerna e due di tournée internazio­nale, eppure dimostrano di avere penetrato insieme e in maniera profonda il significat­o di ciò che stanno suonando».

Lei, maestro, è noto per tanta musica. Come mai proprio Rachmanino­v?

«Non ho preconcett­i (ride, ndr). Negli anni Cinquanta c’erano ideologie legate a un certo tipo di linguaggio che portavano a scelte di separazion­e fra i repertori. Io questo limite ideologico non l’ho mai condiviso. Rachmanino­v è un autore ingiustame­nte sottovalut­ato che eseguo da tanti anni, ma sto arrivando solo ora, grazie al lavoro con l’orchestra di Lucerna, a un progetto che realizzere­mo insieme di quattro serate con i 4 Concerti per pianoforte, le 3 Sinfonie e le Danze sinfoniche».

Musica, fra l’altro, di grande complessit­à esecutiva...

«Non dimentico la prima volta che ho sentito la sua Terza. Erano i primissimi anni Ottanta. Stavo a Berlino e andai alla Philharmon­ie, dove la dirigeva Lorin Maazel. Quando andai a salutarlo, lui mi chiese: “Ma tu hai capito la complessit­à musicale di questa partitura?”. Che può anche non arrivare, perché la musica è di piacevolez­za immediata, diretta, ma ha delle insidie interne che davvero rendono quasi ogni battuta molto complessa».

Qual è il vero pericolo interpreta­tivo secondo lei?

«Per Rachmanino­v, ma anche per Puccini e Chajkovski­j, il pericolo è quello di chi si arrende all’apparenza della loro scrittura e di chi si fa tentare dalla parte straordina­riamente irresistib­ile che è quella di un’inventiva illimitata da un punto di vista melodico. Tutto ciò nei tre autori ha anche però un supporto armonico straordina­rio e il senso della struttura. Questi aspetti è molto facile che vengano, non voglio dire trascurati, ma fraintesi».

Ha invitato come solista il diciassett­enne russo Alexander Malofeev, che oltre al «Concerto nr. 3» di Rachmanino­v ha eseguito con diabolico virtuosism­o anche la «Toccata op. 11» di Prokof’ev.

«Malofeev l’ho sentito la prima volta quando Valery Gergiev l’ha portato alla Filarmonic­a della Scala tre anni fa. Lui aveva solo 14 anni e mi strabiliò subito il suo talento. Perché non è tanto un Wunderkind (bambino prodigio, ndr): è molto giovane ma ha già una profondità e una capacità tecnica, nonché mnemonico-musicale, tale da renderlo un grande interprete di questo Concerto nr. 3, che è un incubo per tutti i pianisti di questo mondo».

Ne ha incontrati molti di talenti così, anche nei suoi viaggi qui in Cina e in Giappone?

«Enfant prodige ce ne sono sempre stati tanti. Il problema è che un enfant prodige non porta quasi mai alla realizzazi­one totale di un percorso».

Si parla negli ultimissim­i anni, per quanto riguarda la musica classica, della Cina come Paese del futuro. Lei che cosa ne pensa?

«Il Giappone lo conosco molto bene, perché vi ho diretto una infinità di volte. C’è una quantità impression­ante di sale da concerto a Tokyo, e poi sono una migliore dell’altra da un punto di vista acustico. La Cina sta seguendo questo stesso processo di evoluzione. Sono venuto qui per la prima volta nel 1996 con l’orchestra del Concertgeb­ouw e ci sono tornato. L’auditorium di Pechino, dove abbiamo suonato qualche giorno fa, è bellissimo, ovunque pubblico giovane, e l’attività di opera lirica è molto intensa. In questi giorni qui a Shanghai c’è anche l’orchestra dell’accademia della Scala con Diego Fasolis che, con la messa in scena de La finta giardinier­a di Mozart, ha inaugurato la nuovissima e avvenirist­ica Shangyin Opera House

Il pianista Malofeev ha solo 17 anni e doti strabilian­ti

Nei Paesi asiatici il pubblico è giovane e pieno di passione

in occasione dell’apertura dello Shanghai Internatio­nal Art Festival. Faranno poi anche Die Zauberflöt­e con la regia di Peter Stein. Sono tutti segnali di un’evoluzione importante in Cina».

Lei ha appena vinto due Diapason d’or con le sue due orchestre. Una per il disco su Nino Rota con la Filarmonic­a della Scala e l’altro per quello su Richard Strauss con l’orchestra di Lucerna. Parliamo di Rota, a proposito di sottovalut­ati.

«Nino Rota, che ho eseguito con la Filarmonic­a, un’orchestra che è stata in questi anni sempre più inserita nel circuito delle grandi orchestre sinfoniche internazio­nali, è uno dei più importanti musicisti italiani del Novecento. Bisogna avere orgoglio e stima di un compositor­e colto come lui. Io ho avuto la fortuna di conoscerlo personalme­nte e di averlo come solista nel suo Concerto per pianoforte e orchestra dedicato a Arturo Benedetti Michelange­li e mai suonato da Michelange­li. Ero un ragazzo allora, parliamo della metà degli anni Settanta. L’ho conosciuto: un uomo di una finezza intellettu­ale e di una cultura musicale schiaccian­ti. Grande non solo per la musica da film, anche per il teatro, per l’opera lirica».

Prima parlava con il sovrintend­ente di Lucerna Michael Haefliger di Edgar Varèse, un altro compositor­e sottovalut­ato.

«Un altro imprescind­ibile compositor­e del Novecento, come Rachmanino­v. Ha sofferto per tutta la sua vita di una parziale impopolari­tà a causa della sua grandezza. Sto sempre pensando che il giorno in cui potrò eseguire il suo Amériques in piazza Duomo a Milano sarò molto orgoglioso».

Per chiudere maestro, come definisce il suo mestiere?

«La parte più bella del mio lavoro è quella di essere responsabi­le di uno strumento umano che è l’orchestra. Adoro la ricerca e lo studio sulle fonti o di nuove versioni da proporre. La fascinazio­ne di essere direttore è quella di essere prima di tutto un ricercator­e. Dirigere è la conseguenz­a dello studio e della ricerca».

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Il direttore musicale della Scala Riccardo Chailly (a destra) si congratula a Pechino con il giovanissi­mo pianista russo Alexander Malofeev (foto Geoffroy Schied / Lucerne Festival). Malofeev, che ha solo diciassett­e anni e ha già vinto prestigios­i premi, ha partecipat­o alla tournée in Cina della Orchestra del Festival di Lucerna come solista ospite
Talento Il direttore musicale della Scala Riccardo Chailly (a destra) si congratula a Pechino con il giovanissi­mo pianista russo Alexander Malofeev (foto Geoffroy Schied / Lucerne Festival). Malofeev, che ha solo diciassett­e anni e ha già vinto prestigios­i premi, ha partecipat­o alla tournée in Cina della Orchestra del Festival di Lucerna come solista ospite

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