Sulla maglia solo un piccolo cuore in nome di Sveva piccola cestista
Trieste, amava il basket. Il tumore a otto anni
La squadra di Basket di Trieste ha giocato per Sveva, la piccola «guerriera» biancorossa uccisa dal cancro a soli 8 anni. Sulla maglia dei cestisti un piccolo cuore per ricordarla.
«Mamma, ma perché è successo proprio a me?». Lì per lì Marta non è stata in grado di rispondere. È stata proprio sua figlia, la piccola Sveva, a toglierla dall’impaccio: «Lo so io il perché! Ho una grande capacità di resistere al dolore. Altri piangerebbero per un raffreddore... io no». Sveva Piattelli, che aveva otto anni, si è spenta all’alba del 30 settembre scorso, portata via da un neuroblastoma diagnosticato un anno e mezzo fa, l’8 maggio 2018. La sua scomparsa ha addolorato l’intera Trieste, la città dove viveva con i genitori e che l’aveva «adottata». Questo per via della forza mostrata davanti alla malattia e anche per quell’insolito amore per il basket. Tanto che ieri sera la squadra della «Pallacanestro Trieste» — istituzione cittadina con passati sponsor come Stefanel e Illycaffè — di cui era tifosissima e per cui giocava con i giovanissimi «aquilotti», per ricordarla ha cambiato nome. Diventando «Sveva Trieste», per una partita soltanto nella sfida casalinga di «serie A» contro la Germani Brescia. Sugli spalti una coreografia speciale dei circa seimila supporter con in mano altrettanti cartelli bianchi con scritto «Sveva». E sul parquet la canotta rossa adornata da un cuore.
Quella della bambina per il basket è stata una passione fortissima «nata in casa — racconta Paolo, il papà, perito chimico di 39 anni —. Mia moglie ha giocato in A1 e io in C2. Ma Sveva ha scelto il suo sport in autonomia, come sempre faceva perché era una piccola con un carattere deciso. Figurarsi: a due anni fu lei a dire alla mamma che non voleva più il ciuccio. E a me, una mattina, chiese di insegnarle ad andare in bici però “senza rotelle”».
Paolo è sposato con Marta — stessa età, programmatrice — dal 2002. Hanno altri due figli, Leonardo, 14 anni, e Greta, due. Si sono conosciuti a scuola, «io so tutto di lei e lei sa tutto di me. Questo ci ha dato la capacità di affrontare ciò che poi è successo. Anche se più importante di tutto è stata proprio Sveva, serena, combattiva. Non so nemmeno
La commozione
Ieri la squadra si chiamava con il suo nome, scritto anche sulle bandiere dei tifosi
io come facesse: so che era lei a dare forza a noi».
Nelle foto che Paolo ha postato sul suo profilo Facebook colpisce il sorriso che Sveva mostra in ogni circostanza del ricovero al Burlo Garofolo, punto di riferimento nazionale della pediatria. Sorridente dopo la chemio, sorridente accanto all’«omo-ragno de Trieste», un «supereroe» che gira la città ripulendo le strade dalla spazzatura e facendo giocare i bimbi al reparto Oncologia. Sorridente con Federica Pellegrini che andò a trovarla a maggio. E sorridente con capitan Andrea Coronica e Daniele Cavaliero, giocatori della Pallacanestro Trieste spesso in visita assieme alla
Il papà
«Era combattiva e felice, non so come facesse ma era lei a dare forza a noi»
squadra.
Ieri sera all’allianz Dome Paolo e Marta sono stati accolti dal presidente della «Sveva Trieste» Gianluca Mauro, papà di una bimba di nove anni. L’idea di cambiare il nome alla squadra è sua, «una decisione che definirei naturale. Sveva, con il suo candore, mi commuoveva ogni volta che realizzavamo un’iniziativa, fossero cartelli sugli spalti o magliette con il suo nome, per testimoniarle il nostro affetto. “Mi fate diventare famosa”, diceva. Ma non sapeva che lo facevamo perché lei era, anzi è, nel nostro cuore. Nel cuore di tutta Trieste».