Il fortino rosso espugnato «Una sconfitta tragica»
Da Perugia a Terni, tutte le città cadute
PERUGIA A uno del comitato hanno telefonato poco fa: la Tesei è irraggiungibile, distacco netto, drammatico, abbiamo perso.
Si sapeva, tutti sapevano che stavolta fermare Matteo Salvini sarebbe stato impossibile: ma è dura lo stesso.
«Gradisce una fetta di salame?», chiede una volontaria. Poi tira su con il naso, gli occhi lacrimosi («Sa, a casa conserviamo ancora la bandiera del Pci con cui mio nonno Giuseppe andava ai comizi… e se penso a mio padre, operaio alle acciaierie di Terni, me lo ricordo con l’unità nella tasca della giacca, piegata in modo che si vedesse bene che era proprio l’unità»).
Non pianga, prenda questo fazzoletto.
Sentiamo che dice Mentana alla tivù, suggerisce un ragazzo.
Tra quanto arriva Bianconi? C’è una sensazione di stordimento, di malcelato nervosismo («Scrivetelo che sotto ai palchi del Capitano c’erano sempre i camerati di Casapound!»); c’è un miscuglio di emozione e persistente amarezza, tutti vorrebbero darti una loro spiegazione, una chiave per comprendere come e perché l’umbria non sarà più governata dal centrosinistra: e allora ascolti e capisci che in questa domenica notte finisce una storia politica lunga e forte, a suo modo epica, struggente, irripetibile, però di certo non durata quasi cinquant’anni, come si è scritto e, probabilmente, si scriverà. Perché l’erosione di consenso, di voti, la deriva ideologica e passionale, era già iniziata molto tempo fa.
«Oggi perdiamo la guida della Regione, ma questa tragica sconfitta parte da lontano, è stato un processo lento e inesorabile», riflette Walter Verini, che è umbro, e che Nicola Zingaretti spedì qui a metà aprile, con i gradi di commissario straordinario, subito dopo l’esplosione dello scandalo Sanitopoli e quella assurda arlecchinata della governatrice Catiuscia Marini, in consiglio regionale capace di votare contro le proprie dimissioni già rassegnate, per poi riconfermarle.
«Anno dopo anno, abbiamo perso Perugia e Terni,
Spoleto e Montefalco, Todi e Amelia, e poi Deruta e Torgiano…». Qualche domanda avreste dovuto farvela… «Sì, certo». Ve lo ha sempre urlato, nella sua travolgente campagna elettorale, anche Salvini. «Guardi, è doloroso ammetterlo, ma il nostro errore è stato proprio questo: non interrogarci. E sottovalutare la questione morale. Detto ciò…». Detto ciò? «Segnalerei una certa capacità di reazione, quando abbiamo deciso di candidare, insieme al M5S, un esponente della società civile».
È stata una tribolazione trovarne uno.
Ne hanno scartati quattro, o cinque (con i grillini sempre capricciosi, maldisposti: del resto, anche qui in Umbria, ancora a metà agosto descrivevano il gruppo dirigente del Pd come una banda di pericolosi criminali comuni).
Poi ecco spuntare Vincenzo
Bianconi da Norcia: proprietario di hotel per tradizione familiare, cosciente di essere una scelta di ripiego, si è comunque battuto con determinazione e sfoggiando autentici toni francescani — «Pace, cura del creato e accoglienza» — portando addosso chicchissimi gilet di lana rasata e il sospetto, tremendo, di esse
re in realtà un uomo di centrodestra (l’industriale Brunello Cucinelli, ad un certo punto, non si è tenuto: «Bianconi lo è sempre stato, fin da ragazzo»).
Bianconi non ha smentito. Piuttosto, a cena, ripeteva: «Mi dicono di raccogliere il voto degli indecisi: ma è come raccogliere il mare con il cucchiaino».
Però quello era rimasto: il voto degli indecisi. La coalizione a trazione leghista governa ormai il 62% delle amministrazioni locali. Il Pd, dopo il 49% del trionfo alle europee del 2014, è precipitato al 23,9 (e vediamo adesso a quanto sta).
Spiegava, poco tempo fa, il politologo Alessandro Campi, profondo conoscitore delle vicende di questa terra: «In Umbria, il vecchio partito comunista garantiva sicurezza e coesione sociale. La Lega non ha fatto altro che raccoglierne il testimone».
Perché l’umbria ha progressivamente smesso di essere un modello. Piuttosto: assunzioni in cambio di voti e spartizioni, tutte interne al centrosinistra, nelle comunità montane, nelle istituzioni pubbliche, negli enti e ovunque ci sia possibilità di avere o gestire potere. Con un sistema ferroviario fermo agli anni Settanta, con 3.770 aziende sparite dal 2010 ad oggi, il pil ridotto di 8 punti percentuali, l’80% della spesa corrente risucchiata dai costi della sanità.di tutto questo parliamo, nella notte, al comitato di Bianconi (e i toni sono talvolta accesi, certi urlano e imprecano come nelle vecchie Case del Popolo).
Ora c’è un giro di grappa. Non per dimenticare, ma per scaldarsi un po’.
L’inverno, che s’era perso, deve avere ritrovato la strada, perché comincia a fare anche freddo.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Tattica e strategia Verini: bisognava interrogarsi prima sui nostri errori, ma sul candidato scelta giusta