Corriere della Sera

Ma i terroristi sono stati davvero sconfitti?

L’ideologia rimarrà: anche Al Qaeda sopravviss­e alla fine di bin Laden. Può scattare la spinta al riscatto

- di Guido Olimpio

Icapi jihadisti muoiono, cadono sotto il fuoco, ma l’ideologia che agitano non scompare. Perché vive comunque, nutrendosi di quanto avviene in Medio Oriente e sfruttando come nessun altro gli errori degli avversari. Odio settario, manipolazi­oni, situazioni endemiche, scelte poco intelligen­ti finiscono per aiutare i tagliatori di teste.

1 Cosa significa militarmen­te l’operazione contro il Califfo?

Gli Usa, nonostante l’annunciato ritiro dalla Siria, hanno mantenuto la capacità di lanciare missioni in profondità, possibili solo con una buona intelligen­ce e flessibili­tà di reparti scelti. È il classico esempio di «guerra leggera», quella che comporta rischi relativi. La preferita dalla Casa Bianca. Non da oggi. Era così con Obama, lo è con Donald Trump, convinto più degli altri della necessità di tirarsi fuori dai lunghi conflitti.

2 Gli Usa hanno fatto tutto da soli?

Iracheni, curdi e turchi hanno rivendicat­o un pezzo di merito nell’individuaz­ione del target di alto valore in una zona, quella di Idlib, popolata da dozzine di gruppuscol­i. E la catena di eventi innescata dall’apparente disimpegno statuniten­se dall’area curda, con l’avanzata di Ankara, poi le mosse siriano-russe, si conclude in modo spettacola­re. Il blitz che annienta il nemico numero uno di Washington, una minaccia peraltro valutata in modo non omogeneo da quanti hanno interessi nello scacchiere. Sembra un copione scritto a tavolino, con dettagli palesi e altri segreti, di scenari concordati o quasi. Avremo di sicuro altre ricostruzi­oni rispetto a quella ufficiale. Arriverann­o dubbi, insinuazio­ni sulla testa del terrorista barattata con il sogno del Kurdistan siriano.

3 Cosa significa per lo Stato Islamico?

Osama è stato ucciso e al Qaeda è rimasta. L’isis potrebbe seguire la stessa parabola. È ben noto che certi movimenti hanno resistito alla decapitazi­one

del leader. Perché agiscono attorno ad un’idea profonda ed estesa, spesso ammantata di religione. Certamente, il Califfo è il punto di riferiment­o e per quanto riguarda lo Stato Islamico è ancora più rilevante in quanto si presentava come l’erede del Profeta. Però il faro estremista non si spegne mai del tutto, alimentato dalle crisi locali e dai fattori esterni.

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C’è un impatto sui suoi collaborat­ori?

I luogotenen­ti e possibili successori hanno due necessità. La prima è garantire la continuità davanti allo sconcerto dei ranghi. La seconda, ben più immediata, è assicurars­i la sopravvive­nza. Si chiederann­o chi ha tradito, vorranno capire come gli Stati Uniti siano riusciti a scoprire il nascondigl­io, si chiederann­o quanto il loro apparato — pur diviso per tenere botta — sia stato infiltrato e sia ancora sicuro. Mai dimenticar­e come siano ossessiona­ti dalle spie, dalle talpe, dalle diavolerie elettronic­he che portano ai rifugi più protetti. Timori reali, ma anche paranoie.

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Cosa faranno i seguaci di Al Baghdadi?

I guerriglie­ri si sono preparati a continuare la lotta in situazioni difficili, compresa la scomparsa fisica della guida suprema. Hanno scritto montagne di testi, diffuso messaggi in questa chiave: la sconfitta diventa spinta al riscatto. Proveranno a vendicarlo sul terreno vicino oppure rilanciand­o appelli agli ancora tanti simpatizza­nti sparsi dall’occidente all’asia, dalla stessa Europa all’africa, continente dove le brigate con le bandiere nere imperversa­no con offensive ampie. L’opposto degli ultimi attacchi nelle città europee, eseguiti da killer dal profilo mai netto.

6 L’ultimo atto quanto pesa?

Nella prima versione raccontata il leader, una volta vistosi in trappola, ha attivato il corpetto esplosivo che portava sempre con lui. Una scelta da mujahed. Un’uscita di scena che può diventare un simbolo per gli affiliati e la riaffermaz­ione di un giuramento di morte. Sconfitto sì, ma senza accettare l’umiliazion­e della resa. Comportame­nto che diventa anche un ordine di natura tattica.

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Una veduta aerea di quel che resta del compound dell’isis nel villaggio siriano di Barisha dopo il raid delle forze americane
Dopo l’attacco Una veduta aerea di quel che resta del compound dell’isis nel villaggio siriano di Barisha dopo il raid delle forze americane
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Fiamme nel villaggio siriano di Ayn al Bayda dopo il raid in cui ieri è stato ucciso Hassan al-muhajir, portavoce dell’isis e vice di Al Baghdadi. Sotto, siriani nel villaggio di Barisha, il giorno dopo il raid Usa contro Al Baghdadi (Afp)
Raid Fiamme nel villaggio siriano di Ayn al Bayda dopo il raid in cui ieri è stato ucciso Hassan al-muhajir, portavoce dell’isis e vice di Al Baghdadi. Sotto, siriani nel villaggio di Barisha, il giorno dopo il raid Usa contro Al Baghdadi (Afp)
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