Nel Pd l’amarezza di Zingaretti: il partito cambi pelle o rischia di non farcela
La linea: il governo va avanti solo se fa
ROMA Nel giorno del tracollo annunciato per il centro sinistra in Umbria, Nicola Zingaretti ha scelto di ripartire dai sindaci: «Se il Pd non cambia pelle, rischia di non farcela...», ha detto il segretario ai primi cittadini dem riuniti a Roma. Ma il messaggio è rivolto a tutto il partito perché la sconfitta subita in Umbria — su cui pesa, per il Pd, anche la scissione dei renziani e l’uscita di Carlo Calenda — viene avvertita al Nazareno come una sirena d’allarme prima di un attacco aereo. E dunque il tema dell’alleanza PD-M5S, per contrastare la destra, ieri sera era ancora più incombente: anche perché, tra meno di tre mesi, si voterà in Emilia-romagna dove nulla è ancora deciso su coalizione e candidato.
A proposito dell’alleanza con il M5S, proprio ieri Zingale retti ha detto ai suoi sindaci — quando il risultato dell’umbria era ormai consolidato: «Non possiamo non porci il problema. Se un 45-48% di Italia si è unito intorno a una rappresentanza politica, l’altro 45-48 che governa insieme ha l’obbligo morale di non fare accordicchi di nascosto ma di trovare punti di convergenza e verificare un’alleanza».
A Perugia ha vinto la destra, dopo 40 anni di dominio del centro sinistra in consiglio regionale, e così ora le attenzioni sono riservate anche alla tenuta della coalizione giallorossa: «Il governo va avanti — ha ammonito Zingaretti parafrasando Salvini ai tempi della crisi con il M5S — solo se fa cose, altrimenti non ha senso».
Al Nazareno
notizie che arrivavano dall’umbria hanno incupito la domenica del segretario che comunque era preparato a fronteggiare l’onda d’urto innescata dalla campagna martellante di Salvini. All'ora di pranzo la sconfitta del candidato «last minute» Vincenzo Bianconi sembrava accettabile, con un distacco di «soli» 8 punti. Col passare delle ore, però, anche negli uffici della federazione di Perugia del Pd — dove non c’erano dirigenti nazionali fatto salvo l’instancabile commissario Walter Verini — ci si è resi conto che l’affluenza in forte aumento stava giocando a favore della candidata della Lega, Donatella Tesei: alle urne, dunque, stava tornando l’area del non voto scossa dal letargo da Salvini. A Perugia, molti esponenti del Pd hanno accusato il M5S di aver fatto una campagna sbiadita. Ma in realtà, l’«umbria rossa» non esiste più da tempo. La crisi viene da lontano, ben prima dell’uscita di scena della giunta di Katiuscia Marini. I primi segnali erano arrivati al Pd con la perdita di Terni, Orvieto, Spoleto, Foligno, Umbertide: «Nessuno osserva — si legge su un Tweet di Pierluigi Castagnetti — che da anni il centro destra governa in questi comuni. Il 62% della popolazione dell’umbria».