Corriere della Sera

Fernández «licenzia» Macri L’argentina torna peronista

Decisivi i voti «populisti» dell’ex «presidenta» Cristina in un Paese al collasso

- dall’inviata a Buenos Aires Alessandra Coppola

L’ Argentina torna peronista. E anche un po’ «perronista», scherzano, se è vero che il «perro», il cane Dylan, ha avuto un ruolo nello svecchiare un politico di lungo corso, che rischiava di virare al grigio, come Alberto Fernández: il nuovo presidente. I sondaggi a «boca de urna», come dicono qui, gli exit poll, non sono del tutto affidabili, ma assegnano al «Frente de todos» un margine così ampio (oltre il 50 per cento e 15 punti di distacco) dal leader liberista uscente Mauricio Macri che al quartier generale era un tripudio di pacche sulle spalle già prima della chiusura dei seggi.

Non è una svolta epocale, l’argentina in democrazia è stata quasi sempre di Perón e dei suoi eredi, in ogni declinazio­ne possibile. Macri addirittur­a ha il record di presidente non peronista arrivato alla fine di un mandato. Ma c’è riuscito per un soffio, perché il Paese ribolle, stravolto da un tasso di povertà del 35 per cento, indebitato come mai prima, debole nella sua valuta, il peso, in maniera assai preoccupan­te. Fernández in carica entra ufficialme­nte il 10 dicembre, ma da subito dovrà attivare i suoi tecnici (si parla di tre saggi) per contenere la fuga verso il dollaro e l’erosione delle riserve. «Dall’83 a oggi (dalla fine dell’ultima dittatura, ndr) si dice che il mercato dei cambi sia una delle istituzion­i del Paese — spiega al Corriere lo studioso Ariel Wilkis, autore di «El dólar. Historia di una moneda argentina» — il successo di un presidente viene valutato, anche nella cultura popolare, dalla sua capacità di mantenere il controllo sul dollaro».

Fernández potrebbe lasciare tutto sulle spalle di Macri fino a Natale, «ma l’iperinflaz­ione è dietro l’angolo e la situazione troppo delicata». Dunque è prevedibil­e un intervento immediato su tre fronti: rinegoziar­e con il Fondo monetario il debito monstre di 57 miliardi di dollari; costruire un patto sociale per contenere i prezzi e difendere i salari; controllar­e il mercato delle valute, introducen­do nuovi limiti. Per riuscire, il nuovo líder dovrà anche tenere a bada la spinta populista della sua vice, l’ex «presidenta» Cristina Kirchner, che gli ha portato in dote una quota abbondante ma scomoda di voti, pesanti in particolar­e al Congresso. L’abilità di Fernández è proprio quella di tenere assieme: «Todos» è la parola chiave del suo Frente e nel 2020 questa capacità di far sedere tutti al tavolo, dai sindacati alle imprese, potrebbe garantirgl­i almeno qualche mese di calma. Del resto, ha attraversa­to molte diverse stagioni. È stato capo del governo del defunto presidente Néstor Kirchner, nel solco del peronismo più tradiziona­le. (E la coincidenz­a della data di morte del suo mentore — 27 ottobre 2010 — con le elezioni di ieri lo commuove profondame­nte. «Il mio primo pensiero è per lui. Fai quello che devi, io sarò con te: questo mi avrebbe detto»).

Ha resistito poco con Cristina alla Casa Rosada, è vero, ma ha evitato di sbattere la porta e ha saputo riappacifi­carsi. L’effetto avrebbe potuto essere noioso, non è uomo di carisma ma di conciliazi­one, «un incantator­e di serpenti» lo definisce Damian Nabot, giornalist­a politico de La Nación, «dovrà usare il suo talento per parlare a una coalizione con molte teste diverse». L’uso vivace dei social, la fidanzata Fabiola, conduttric­e tv, il collie da 76 mila fan su Instagram, e persino il figlio Estanislao, drag queen disinteres­sata alla politica, alla fine hanno contribuit­o a spolverarl­o e farlo tornare in auge.

Se non è epocale per l’argentina, è certamente decisivo nel Continente, in una stagione di battaglie di strada. Fernández è schierato con le associazio­ni per i diritti umani, si è espresso per la depenalizz­azione dell’aborto (tema cruciale oggi in America Latina), cerca un compromess­o alla crisi venezuelan­a, sostiene l’ex presidente brasiliano Lula «ingiustame­nte detenuto», certamente offrirà una sponda alle contestazi­oni in Cile e in generale ai movimenti anti-liberisti che attraversa­no la regione. Oltre le Ande e il Rio de la Plata, è un segnale pure per l’america del Nord.

La crisi Il Paese ribolle, travolto da un tasso di povertà del 35%, indebitato come mai prima

 ??  ?? Buenos Aires Esulta Alberto Fernández, il candidato presidente del partito di ispirazion­e peronista Frente de Todos. Alla sua sinistra la compagna Fabiola Yanez
Buenos Aires Esulta Alberto Fernández, il candidato presidente del partito di ispirazion­e peronista Frente de Todos. Alla sua sinistra la compagna Fabiola Yanez
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Cristina Fernández de Kirchner, già presidente­ssa argentina
Con una fan Cristina Fernández de Kirchner, già presidente­ssa argentina

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