LAVORO, IL REDDITO NON VA NON CREA VERE OCCASIONI
Caro direttore, il Reddito di cittadinanza viene corrisposto già da molti mesi, anche a ex brigatisti e fannulloni, e allo stesso tempo, con spese elevatissime, sono stati assunti migliaia di navigator il cui scopo sarebbe quello di indirizzare al lavoro chi non lo ha attraverso i centri per l’impiego. Inoltre i percettori del reddito di cittadinanza dovrebbero dedicare un giorno alla settimana per svolgere lavori socialmente utili oppure per seguire corsi di formazione professionale. Non mi risulta che queste misure siano applicate e tutti i mezzi di informazione, dai telegiornali ai talk show e alla carta stampata non ne fanno il minimo accenno e neppure parlano dell’attività di questi navigator e dei risultati da loro conseguiti in questi ultimi mesi.
Emanuele Ferrante Caro signor Ferrante,
Proprio ieri sul Corriere Enrico Marro ha raccontato come il reddito sia stato sospeso a quasi centomila famiglie. E i molti casi legati a strani percettori dell’assegno, come gli ex terroristi, sono stati ampiamente descritti dai giornali. Fin dall’annuncio del provvedimento, con quella iperbolica dichiarazione del vicepremier Di Maio dal balcone romano («abbiamo abolito la povertà»), i dubbi sono stati fortissimi. Tutti i Paesi hanno misure per aiutare i cittadini poveri, per sostenere i disoccupati o per accompagnare il passaggio da un lavoro perso a un altro. Ma il Reddito di cittadinanza è stato presentato come una specie di «elargizione universale» da parte dello Stato che poteva indurre soltanto a conseguenze sbagliate: pensare che si possa percepire uno stipendio senza che il lavoro ci sia davvero. Un principio diseducativo. Molto meglio concentrare e indirizzare le risorse a creare le condizioni perché le aziende investano e si produca dunque occupazione vera. I criteri stabiliti per l’applicazione del Reddito di cittadinanza hanno un po’ limitato il numero degli aspiranti, tanto che lo Stato risparmierà probabilmente due miliardi di euro. Ma l’interrogativo centrale resta intatto: l’assegno, i navigator e i percorsi di inserimento stanno portando i giovani e i disoccupati ad avere un lavoro oppure no? I primi bilanci sono chiari: solo un decimo di chi dovrebbe farlo ha sottoscritto un patto per il lavoro con l’assistenza dei navigator. D’altra parte se il lavoro non c’è la strada è obbligata: o lo si crea con investimenti e crescita oppure tutto diventa solo una grande illusione.