LEGGENDA HANCOCK
DA BAMBINO ESEGUIVA MOZART MA POI SI LAUREÒ IN INGEGNERIA COSÌ NASCE UN SIMBOLO DEL ’900
Intrecci
Ha una conoscenza assoluta del jazz un profondo controllo delle tecniche musicali più sofisticate, ma insieme ha combinazioni molto accattivanti
L’appuntamento Torna Jazzmi e il celebre musicista apre la quarta edizione con un concerto (già sold out) per piano solo Una dimensione che veste bene la sua attitudine, pragmatica e fantasiosa insieme. Straripante
Chi ha composto la colonna sonora dello storico film di Michelangelo Antonioni Blow-up? E chi ha scritto quella del meno storico, ma popolare Il giustiziere della notte con Charles Bronson? Chi è stato il primo a utilizzare lo «scratching» in un video musicale? E chi ha convinto l’unesco a dichiarare il 30 aprile «giornata internazionale del jazz», celebrata in tutto il mondo?
La risposta è sempre la stessa: Herbie Hancock, il grande jazzista che il primo novembre aprirà la quarta edizione di Jazzmi con un concerto per piano solo, già esaurito, al Conservatorio di Milano. Del resto, nell’incredibile palmarès del grande musicista che l’anno prossimo compirà ottant’anni (è nato a Chicago il 12 aprile 1940), s’incontrano decine di altri fatti che contribuiscono a fare di Hancock una figura unica nel ’900 statunitense.
Bambino prodigio, eseguiva Mozart in pubblico, ma poi decise di laurearsi in ingegneria elettronica. A 23 anni suonava jazz d’avanguardia con Eric Dolphy, l’anno dopo entrava in quello che è stato, anche grazie a lui, il gruppo più applaudito e sofisticato di Miles Davis, ottenendo fama mondiale. Il trombettista lo spinse a interessarsi al funky e agli strumenti elettrici; Hancock ci si dedicò così bene che nel 1973 vendette un milione di copie con l’album Headhunters. Da allora, forte anche dei suoi studi tecnici, è sempre rimasto aggiornato sui rapporti fra suoni ed elettronica, rivoluzionando più volte il mondo della musica, in particolare quella nera.
Perché Hancock è anche un grande comunicatore e da più di mezzo secolo diffonde, a ogni livello, lo spirito e le conquiste della propria comunità, quella afroamericana. Lo fa pur promuovendo entusiasticamente le arti d’ogni parte del mondo, come vuole la filosofia di vita che ha abbracciato negli anni 70, il buddismo Nichiren. Ne è un magnifico esempio The Imagine Project del 2010, dove Hancock coinvolge musicisti dei quattro angoli del pianeta nella ricreazione multiculturale di alcuni dei brani pop più conosciuti.
Hancock è un tipo pragmatico: ha una conoscenza assoluta del jazz d’ogni epoca, un profondo controllo delle tecniche musicali più sofisticate, ma al tempo stesso un’aderenza immediata, fisica per i ritmi più sensuali e travolgenti, le combinazioni sonore più accattivanti. I suoi successi milionari non si contano, da Watermelon Man a Cantaloupe Island, da Rockit a Butterfly; ma nel 1986 Hancock ha anche saputo vincere un Oscar (battendo il Morricone di Mission!) con la raffinata colonna sonora del film di Bertrand Tavernier A mezzanotte circa, in cui pure recitava. E nel 2008 ha compiuto un’altra impresa aggiudicandosi con River: The Joni Letters, l’album che ha dedicato alla musica di Joni Mitchell, il premio Grammy come miglior disco dell’anno. Solo un altro disco di jazz, in tutta la storia del premio, aveva ottenuto lo stesso risultato: il famoso incontro del 1964 fra Stan Getz e Joao Gilberto.
La dimensione del recital di solo pianoforte si attaglia dunque senza difficoltà alla sua personalità straripante. È una dimensione più legata al pubblico internazionale: i suoi primi dischi di piano solo nacquero negli anni 70 in Giappone, per quel mercato, e solo molti anni dopo furono stampati anche in Occidente.
Da allora Hancock ha sempre privilegiato il pubblico degli appassionati di jazz «puri e duri» per i suoi tour solitari, dedicando a giapponesi ed europei la rielaborazione dei grandi standard che suonava con Miles Davis, come My Funny Valentine o Stella By Starlight, o nuove versioni dei suoi primi classici, come Maiden Voyage, Dolphin Dance, il vecchio e sempre efficace Watermelon Man.
Hancock ha utilizzato il pianoforte tradizionale anche in molte incisioni che potremmo definire cameristiche, come i suoi album in trio o quelli in quintetto che rievocavano gli anni passati con Davis (specie il celebre gruppo V.S.O.P.), ma anche in occasioni più particolari, come l’incontro a due pianoforti con Chick Corea (che diede vita a una famosa tournée nel 1978) o quello, segnato da grande poesia, con il sassofono di Wayne Shorter: non a caso un altro dei suoi complici nello storico gruppo di Miles Davis.
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