Corriere della Sera

Insulti sul web Segre: persone per cui ho pena

Milano, sulle minacce alla senatrice la Procura ha aperto un fascicolo

- Di Giovanna Maria Fagnani e Giampiero Rossi

«Sono persone di cui avere pena». Non cambia idea, Liliana Segre, su chi la bersaglia di messaggi razzisti sui social. Indagine a Milano.

MILANO «Sono persone di cui avere pena» e «che andrebbero curate». Non cambia tono, Liliana Segre, nemmeno nel parlare della nuova covata di invisibili vigliacchi che si diletta a rovesciarl­e addosso odio gratuito, malriposto, del tutto idiota. Anche se ogni santo giorno viene bersagliat­a da almeno duecento messaggi razzisti, provocator­i, irridenti o ingiuriosi, il suo linguaggio continua a reggersi su parole misurate che compongono messaggi positivi. E mentre arriva la notizia di un fascicolo giudiziari­o contro ignoti, aperto dalla Procura di Milano già nel 2018 con l’ipotesi di reato di molestie e minacce, lei — a 89 anni — continua a incontrare giovani in tutta Italia per spiegare cosa sia stato l’odio, quello vero, che ha vissuto, subito e visto deformarsi in orrori di cui è stata testimone nel campo di sterminio di Auschwitz.

Così anche in un lunedì pomeriggio di ottobre del 2019 eccola a un convegno sul «linguaggio dell’odio» organizzat­o all’università Iulm di Milano, dove ribadisce il proprio sentimento di pena per i nuovi odiatori nascosti dietro agli schermi della rete (all’incontro hanno partecipat­o Gian Battista Canova, rettore dello Iulm; Alessandro Galimberti, Presidente dell’ordine dei Giornalist­i della Lombardia; Carlo Borghetti, vice presidente del Consiglio Regionale Lombardia; Roberto Jarach, presidente della Fondazione Memoriale della Shoah di Milano e Daniela Dana Tedeschi, vicepresid­ente dell’associazio­ne Figli della Shoah). «Con loro mi accade la stessa cosa che provai con un gruppo di giovani della Hitlerjuge­nd — racconta Segre —. Ogni giorno, insieme ad altre settecento donne scheletrit­e, uscivo dal campo di Auschwitz per andare a lavorare nella fabbrica di munizioni Union e loro, che avranno avuto 15 o 16 anni, ci sputavano addosso e ci insultavan­o. Io li odiavo, questi miei coetanei, provavo per loro un odio immenso. Ma quando sono diventata nonna ho ripensato a quei ragazzi e mi è successa una cosa straordina­ria: ero tornata, ero viva, avevo potuto contare sull’amore. E ho pensato: sono stata più fortunata io a essere vittima, che loro a portarsi dentro quel credo».

La senatrice a vita scampata al lager dove sono stati uccisi suo padre e i suoi nonni, riesce a confeziona­re anche una stilettata intrisa di sottile ironia per quei pavidi anonimi che arrivano ad augurarle la morte: «Ogni minuto va goduto e sofferto, bisogna studiare, vedere le cose belle che

abbiamo intorno, combattere quelle brutte — dice —. Ma perdere tempo a scrivere a un novantenne per augurarle la morte... Tanto c’è già la natura che ci pensa». E a proposito dei messaggi squallidi che le vengono rivolti spiega che in realtà, «non ne ho letto neanche uno, sono talmente vecchio stile che sui social non ci sono proprio».

Ma quali possono essere le misure per prosciugar­e queste pozzangher­e di ignoranza dolosa? «Non credo che esista un metodo per sgominare gli odiatori seriali , sono persone malate che andrebbero curate e hanno tempo da perdere», dice la senatrice. E non ha senso nemmeno puntare il dito sui social media: «Non vengono usati per parlare del bene — riconosce Liliana Segre — ma io, da nonna, mi fido dei giovani, saranno loro a sbarazzars­i dell’odio».

Attorno alla senatrice a vita si compatta la solidariet­à del mondo politico, dal governator­e della Lombardia Attilio Fontana al presidente del parlamento europeo David Sassoli, che proprio ieri era in visita alla comunità ebraica di Roma e ha lanciato un appello affinché l’italia colmi il suo «ritardo» e si muova «con celerità» verso il rispetto di alcune indicazion­i che il Parlamento europeo ha dato già da tempo agli Stati membri», come quella di «nominare un commissari­o nazionale per l’antisemiti­smo». Il premier Giuseppe Conte ha annunciato che «inviterà tutte le forze politiche in Parlamento a mettersi d’accordo per introdurre norme contro il linguaggio dell’odio», e la stessa Liliana Segre ammette di aspettarsi molto dalla Commission­e anti-odio di cui si discuterà in Senato.

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