L’appello di Macron alla cerimonia d’addio del presidente Bce con Mattarella e Merkel
Anche Mario Draghi, l’uomo di ghiaccio, si commuove. Quando Emmanuel Macron lo definisce «degno erede dei padri fondatori», ponendolo accanto a Monnet, a Schumann, a De Gasperi, l’imperturbabile signore della moneta unica appare trafitto. Non ci sono lacrime furtive tra le rughe del suo volto antico. Ma indicandolo come «l’uomo che tiene alto il sogno europeo», il presidente francese ha visibilmente toccato il suo cuore.
C’è molto di più nella cerimonia degli addii per colui che ha salvato l’euro. E non solo perché con Macron, anche Angela Merkel e Sergio Mattarella sono qui a rendergli un omaggio non formale. Ma anche perché, fedele alla
Commiato
● Si è celebrata ieri a Francoforte presso la sede della Bce la cerimonia di commiato del presidente Mario Draghi che passerà il testimone a Christine Lagarde
● Il presidente francese Macron definisce Mario Draghi «degno erede dei padri fondatori» sua mistica, neppure adesso, prima di consegnare la campanella presidenziale a Christine Lagarde, Mario Draghi rinuncia a definire con orgoglio il suo lascito e a lanciare l’ultimo monito: «Oggi ci sono 11 milioni di occupati in più in Europa, la popolarità dell’euro è ai suoi massimi livelli e i politici dicono che la moneta unica è irreversibile. È davanti agli occhi di tutti, che ora è il momento di più Europa, non meno».
È una platea amica, quella che si è raccolta nel foyer del grattacielo della Bce, in riva al Meno. Ci sono Ursula von der Leyen e Jean Claude Juncker, la nuova e la vecchia Commissione. Paolo Gentiloni e il ministro dell’economia Roberto Gualtieri. Ma a rendere omaggio c’è anche l’opposizione di Re Mario: seduto in terza fila, sorride ambiguo Jens Weidmann, capo della Bundesbank
e leader dei falchi nel board della banca.
È stata la cancelliera la prima a parlare. Ha ricordato l’origine romana di Francoforte, Limes dell’impero, collegandola a quella di Draghi, Mario civis romanus: «Lei si muove nella giusta tradizione, lasciandosi dietro grandi tracce». Certo, in tedesco la frase può suonare ambigua: nella parsimoniosa cultura teutonica del denaro, Draghi lascia cicatrici profonde. Merkel è sincera però quando ne riconosce «il contributo decisivo alla stabilità dell’euro», ringraziandolo «per aver assicurato l’indipendenza della Bce e rafforzato l’unione monetaria».
Ora Macron trova il meglio della sua retorica. Loda il sapere, il coraggio e l’umiltà di un banchiere centrale che si è fatto statista, mostrando creatività, visione e salvando l’eubattaglia ropa dal naufragio. Ma soprattutto ne celebra l’umanesimo, la capacità di «guardare alla vita reale delle persone, oltre le cifre e le parole» e di decidere sempre in nome di quello che «in Francia chiamiamo l’interesse generale».
«Mario Draghi — dice il presidente della Repubblica Sergio Mattarella — è stato autorevolmente al servizio di un’europa più solida e inclusiva, interpretando la difesa della moneta unica come una
Serena Cappello, moglie