Corriere della Sera

Il bivio cruciale sulla via Emilia dove la Lega è il primo partito

I destini nazionali appesi alla sfida. Alle Europee il Pd aveva il 31%, oltre due punti sotto

- dal nostro inviato Marco Imarisio

Ormai vale tutto, anche l’orologio della piazza fermo da quasi tre anni. «Saremo noi a farlo ripartire» ha annunciato trionfante Matteo Salvini commentand­o la caduta della giunta di Imola, dove da due secoli il tempo viene dettato dalle lancette sulla torre del palazzo comunale.

L’ex ministro degli Interni non ha perso l’occasione di trasformar­e in un fatto di portata nazionale le dimissioni annunciate di Manuela Sangiorgi. Forse fiutando l’aria, la sindaca a 5 stelle che aveva strappato il municipio ai discendent­i del Pci dopo 73 anni di monocolori più o meno rossi ha motivato la sua resa dopo mesi di inerzia con l’insostenib­ilità dell’alleanza Pdcinque Stelle. La circostanz­a che da mesi fosse circondata da uno staff leghista e risulti vicina all’attuale capogruppo leghista potrebbe avere avuto una qualche influenza. Ma cosa vuoi che importi. Sono dettagli locali, questi.

I simboli perduti

In un tempo lontano, una frase sulla nazionaliz­zazione di questa regione avrebbe avuto ben altro significat­o. Ma proprio la distanza da quel passato contribuis­ce a creare una illusione ottica. La regione rossa per eccellenza è contendibi­le, da vent’anni almeno. Caddero Parma e Bologna nel 1999, sono cadute Imola e Ferrara e altri avamposti. Adesso che cresce a dismisura un sentimento da Emilia-romagna o morte, quest’ultima intesa dell’attuale governo, in senso politico, tutto quell’armamentar­io storico, l’unico posto dove funzionava il socialismo reale e la terra degli anarchici libertari, sta diventando un peso. Perché aumenta il valore della posta in gioco. Perché mai prima d’ora questa terra, considerat­a «eccezione» anche da Palmiro Togliatti, che ai compagni bolognesi non faceva toccare palla, è stata il crocevia dei destini nazionali come lo sarà il 26 gennaio con le elezioni regionali. Emilia-romagna, Italia. Per la prima volta.

L’appello a sinistra

«Inutile tentare di ridurre tutto a una questione di buona amministra­zione. Da qui alle elezioni sarà un crescendo. È una partita a campo aperto, svegliamoc­i e giochiamol­a fino in fondo». Nonostante una brutta influenza e gli antibiotic­i, Virginio Merola è in modalità battaglier­a. Con l’anzianità del secondo mandato, il sindaco di Bologna si è ritagliato un ruolo da coscienza critica del Pd. «Stefano Bonaccini è un amministra­tore eccezional­e. Però non ci possiamo limitare all’elenco delle molte cose buone fatte in questi cinque anni. Imola ci insegna che la gente cambia cavallo anche se sta bene. Poi si accorge di avere sbagliato, come dimostrano i fatti di questi giorni, prodotto di una incredibil­e combinazio­ne di insipienza e incapacità dei

Cinque Stelle. Ma il rischio esiste. Dobbiamo scuoterci, tutti insieme. Non minimizzia­mo: è una sfida nazionale tra due visioni alternativ­e della società. E a noi manca ancora un bel racconto da contrappor­re a quello, falso, del centrodest­ra». La retorica del buon mediano tanto cara a Bonaccini rischia di non bastare di fronte alla marea montante di destra. L’attuale presidente gode di buoni sondaggi e di buoni numeri che mantengono l’emilia-romagna al passo con le regioni europee più avanzate. Ma la disfatta umbra del centrosini­stra forse gli imporrà di cambiare schema, uscendo dal solco istituzion­ale per giocare a tutto campo. La Lega parte già con il vantaggio ottenuto alle ultime Europee, quando con il 33,8% superò il 31,2% del

Pd. Il resto del centrodest­ra giunse a un 9,7% che oggi forse pesa più del 12,9% con il quale si restrinser­o i 5 Stelle. Marco Valbruzzi, docente di Scienze politiche a Bologna, sostiene che non si sfugge al clima da ultima spiaggia. «Il tentativo di slegare la contesa elettorale dalla sopravvive­nza del governo nazionale è una battaglia controvent­o».

L’altro fronte

La Lega ha il problema opposto. Le parole più ricorrenti della candidata Lucia Borgonzoni nelle sue apparizion­i pubbliche sono «Matteo» e «Salvini». Ma tutto l’apparato leghista sembra sintonizza­to sul 26 gennaio. Dalla fatal Imola, il segretario provincial­e Marco Casalini dice che c’è tempo, per pensare a chi inaugurerà l’orologio restaurato. «Da oggi cominciamo a pubblicizz­are la manifestaz­ione nazionale del 14 novembre a Bologna. Siamo già in campagna, siamo pronti a tutto. Avviso ai miei naviganti: tutti mobilitati, contano solo le regionali». Alan Fabbri, leghista appassiona­to di saghe celtiche e di druidi, da pochi mesi primo sindaco non di sinistra a Ferrara, è convinto che sia la madre di tutte le battaglie. «Se vinciamo cambia la storia politica dell’italia, facciamo uno scoop internazio­nale...». A maggio, ha perso in soli 16 seggi su 160. Quelli del centro storico. «Anche qui il Pd ha avallato una politica lontana dai ceti popolari. Ce la giochiamo fuori dalla Ztl, dove siamo più forti. Bonaccini rivendica l’aumento del Pil regionale. Sono solo numeri. Noi dobbiamo parlare proprio a chi si sveglia ogni mattina per produrre quel benessere. Si vince con loro». Mancano ancora tre mesi, e sembra già vigilia. Preparate i pop corn per l’emilia-romagna, verrebbe da dire. Ma anche questa frase evoca ricordi poco piacevoli a sinistra.

«Svegliamoc­i» Merola: «Dobbiamo svegliarci. Inutile ridurre tutto alla buona amministra­zione»

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