«Armeni, è stato un genocidio»
Il voto (quasi unanime) della Camera Usa. L’ira di Erdogan: «Il più grande insulto alla Turchia»
WASHINGTON Democratici e repubblicani della House of Representatives approvano insieme una storica risoluzione che qualifica come «genocidio» lo sterminio di circa 1,2-1,5 milioni di armeni a opera dell’impero Ottomano, tra il 1915 e il 1917 con una scia di sangue fino al 1922. La Turchia, nata dopo la dissoluzione del Sultanato, ha sempre negato il massacro sistematico degli armeni, sostenendo che ci fu una guerra civile, con vittime da una parte e dall’altra. Ma quelle «marce della morte», la fame, lo sfinimento, le impiccagioni rappresentano ancora una delle ferite più dolorose e divisive della comunità internazionale.
Basta osservare le reazioni di ieri. Da Erevan, il primo ministro armeno Nikol Pachinian ha esultato su Twitter: «È un voto epocale, un passo coraggioso verso la verità e la giustizia e che nello stesso tempo conforta i milioni di discendenti dei sopravvissuti al genocidio». Da Ankara, invece, arriva la furia del presidente turco Recep Tayyip Erdogan: «Mi rivolgo all’opinione pubblica americana e al resto del mondo. Per noi questa decisione non ha alcun valore, non la riconosciamo. È il più grande insulto che si possa fare alla nostra nazione». Il leader turco ha rimesso in discussione il vertice con Donald Trump previsto per il 13 novembre a Washington: «Non so se ci andrò, ora c’è un grosso punto interrogativo». Il ministero degli Esteri ha subito convocato l’ambasciatore americano David Satterfield. Questa volta, però, l’amministrazione Trump non c’entra niente. Sarebbe anche sbagliato sopravvalutare la campagna mediatica condotta dalla popolare star televisiva Kim Kardashian, 39 anni, nata a Los Angeles in una famiglia di lontane ascendenze armene.
L’iniziativa, invece, è il risultato della rabbia, della frustrazione accumulate nelle ultime settimane dai parlamentari. La risoluzione è passata quasi all’unanimità: 405 voti a favore, 11 contrari. Per una volta i due partiti si sono trovati d’accordo: occorre mandare un segnale forte a Erdogan. La Casa Bianca gli ha lasciato via libera in Siria, ma il Congresso farà il possibile per far saltare i suoi piani. Innanzitutto allineando gli Stati Uniti agli altri 29 Paesi del mondo (l’italia c’è) che hanno ufficializzato la condanna di fatti tabù per le leggi turche: chi li evoca pubblicamente rischia la galera. Sempre ieri, poi, la Camera ha adottato a larga maggioranza una misura che prevede sanzioni contro i vertici del governo di Ankara e una banca turca. Su questo ora si dovrà pronunciare il Senato.
Vertice a rischio
Il leader turco ha messo in discussione il vertice con Trump del 13 novembre