Corriere della Sera

Il futuro dei commerci: la Cina, gli Usa e l’italia (in affanno)

- Di Danilo Taino

Non c’è solo un paradigma da cambiare nel mondo della globalizza­zione che ha messo la retromarci­a. Ce ne sono molti, dopo che per 25 anni i commerci, l’economia, la finanza hanno corso per il mondo senza barriere. Stiamo verificand­o che la Storia non è finita e siamo in una nuova Guerra Fredda tra Stati Uniti e Cina. Che la tecnologia non è neutrale ma oggetto di scontro per averne l’egemonia. Che l’europa non è pronta a giocare la sfida della geopolitic­a. Che le imprese dovranno abbracciar­e le innovazion­i, l’intelligen­za artificial­e, i Big Data ma in parallelo dovranno adattarsi a un mondo con più barriere e conflitti.

Un mondo nel quale l’italia è fragile, più vulnerabil­e di altri Paesi di fronte alla sfida cinese, anche nelle regioni più avanzate come la Lombardia. Questi capitoli di analisi sono stati discussi ieri in un convegno organizzat­o dalla Rcs Academy — titolato «La nuova Roadmap del commercio mondiale» — in collaboraz­ione con il Corriere della Sera e con il sostegno di PWC (Pricewater­housecoope­rs) e Sace. La fine della mondializz­azione è la fine di un’utopia, ha sostenuto l’ex ministro dell’economia Giulio Tremonti, laddove l’utopia è intesa come «assenza di luogo». Ora, i luoghi tornano a essere ben definiti da confini e spesso da muri. Cambiano le logiche e le conseguenz­e sono «epocali», si è detto nel convegno. Ci sono approcci che possono essere messi in campo per affrontare questa situazione. Marco Tronchetti Provera, amministra­tore delegato di Pirelli, ha per esempio sostenuto che la Cina rappresent­a sì una grande sfida ma va accomodata in un nuovo ordine. Nella sua esperienza — il maggiore azionista di Pirelli è dal 2015 la Chemchina — se si stabilisco­no regole chiare, fondate sugli interessi reciproci e stabilite al momento degli accordi, si può lavorare positivame­nte assieme.

In questo mondo — il cui centro di gravità economico si sposta dall’atlantico, dove era nel 1980, verso Cina e India, dove sarà nel 2050, ha notato il presidente di Sace Beniamino Quintieri — l’italia è vulnerabil­e. Con debolezze struttural­i: è ad esempio diciannove­sima al mondo per efficienza in un settore strategico come la logistica, ha spiegato Giovanni Andrea Toselli, amministra­tore delegato di PWC Italia. Troppo chiusa e ferma allo ieri, ha notato il presidente di Eataly Andrea Guerra: non basta più avere come primi partner economici la Svizzera o la Germania.

Una situazione preoccupan­te in un’europa che non ha una salute molto migliore: nell’innovazion­e tecnologic­a, ad esempio, è sempre in retroguard­ia, in difesa dello status quo, secondo Massimilia­no Magrini, managing partner di United Ventures. Occorre premere il tasto Reset: nuovi approcci per nuovi paradigmi.

Il confronto

Il nostro Paese è fragile, più vulnerabil­e di altri di fronte alla sfida di Pechino, anche nelle regioni più avanzate come la Lombardia

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