Corriere della Sera

«Ho fondato la Tv ma hanno detto no alla festa in Rai per i miei 90 anni»

Vito Molinari: noi liberi di sperimenta­re, oggi mi addormento davanti al televisore

- Di Giangiacom­o Schiavi

Regia di Vito Molinari. Impossibil­e dimenticar­e. La prima Rai del sabato sera. L’amico del giaguaro. Senza rete. Canzonissi­ma. Lui e lei. Il suo nome è uscito in tv con i titoli di coda il 3 gennaio 1954: ha diretto la trasmissio­ne inaugurale. Aveva appena 22 anni, il 6 novembre ne compie 90. Voleva festeggiar­li nelle stanze dove ha passato più di mezzo secolo, in Corso Sempione e viale Mazzini. I dirigenti Rai hanno tentennato per due mesi. Poi gli hanno detto no.

Scusi Molinari, com’è possibile che una memoria storica con 2.000 trasmissio­ni tv e 500 Caroselli non venga autorizzat­o a festeggiar­e in Rai?

«Non penso che oggi in Rai si ricordino di me. Sono cambiati dirigenti e funzionari e i nuovi non hanno interesse e tempo per informarsi di cosa è successo prima di loro».

Potevano dedicarle almeno una trasmissio­ne...

«Un “padre fondatore della tv” non viene ricordato; non interessa a nessuno».

Sembra un po sgarbato questo rifiuto.

«Sono impegnati a difendere la loro poltrona e a non essere fatti fuori a loro volta».

Ma lei è un pioniere Rai.

«Siamo rimasti in pochi. Pochissimi vivi, magari smemorati. Dei sopravviss­uti...».

Ne parla come di un’era preistoric­a.

«Oggi nessuno ricorda più la paleotelev­isione o la neotelevis­ione. Techeteche­tè a parte, diventata un grande business Rai, dato che non pagano nulla a interpreti e autori, e neppure segnalano i registi».

Come è arrivato in Rai?

«Nel Dopoguerra lavoravo a Genova come attore in compagnie filodramma­tiche, poi semiprofes­sionali, infine come regista...».

...e la tv non c’era ancora.

«Niente di niente. Con il Centro Universita­rio Teatrale ci siamo inventati I processi celebri dell’antichità, con il professor Della Corte. Un successone: sceneggiav­amo Cicerone, Lisia, Eratostene... È partito tutto da lì».

Chiamato senza raccomanda­zione.

«A Milano venne a vedere Le Catilinari­e il dirigente Eiar Sergio Pugliese: era stato incaricato di realizzare la Tv in Italia. Mi arruolò lui e mi propose di “fare la tv”».

Lei rispose: obbedisco.

«Gli chiesi di fare il presentato­re di programmi».

Bocciato quanto pare. Perché? in partenza, a

«”Con quel naso”, mi disse. “I presentato­ri devono essere belli, biondi e con gli occhi azzurri. Lei farà il regista”».

E cosi andò.

«Eravamo un gruppo di giovani registi che avevano fatto solo teatro. Pugliese aveva chiamato anche quelli del cinema, risposero picche».

«Pensavano che la scatoletta con piccole immagini in bianco e nero ballonzola­nti sarebbe durata pochi mesi».

I nomi della compagnia in corso Sempione?

«Eccoli: Franco Enriquez, Mario Landi, Daniele Danza, Eros Macchi, Mario Ferrero, tutti giovani e io ero il più giovane».

Chi comandava in Italia e in Rai?

«La Dc con pieni poteri. Presidente della Rai era Antonio Carrelli, ma comandava l’amministra­tore delegato Filiberto Guala, fanfaniano doc, azione cattolica...».

Che fine ha fatto?

«Quando si è dimesso è andato in convento: è diventato frate trappista».

Continui con l’organigram

Oggi

Vito Molinari ha scritto «Carosello… e poi tutti a nanna. 1957-1977: i vent’anni che hanno cambiato l’italia»

ma.

«Direttore generale Gian Battista Vicentini (dirigente vaticanist­a), direttore dei programmi Sergio Pugliese, ex Eiar, compromess­o col regime fascista, grande organizzat­ore e sensibile alla cultura; primo direttore del Tg Vittorio Veltroni, padre di Walter».

Come si lavorava?

«Eravamo liberi di sperimenta­re, cercavamo di inventare un nuovo linguaggio. La Rai iniziale era didascalic­a, didattica, doveva creare le basi. Un terzo degli italiani era analfabeta; due terzi parlava solo in dialetto. Nacque allora Non è mai troppo tardi».

Si faceva poca cultura?

«Il primo soffio lo portarono i “corsari”, selezionat­i e seguiti da Pier Emilio Gennarini, cattolico di sinistra: tra loro Umberto Eco, Gianni Vattimo, Furio Colombo, Silva, Salvi... ma i migliori finirono per scappare dalla Rai».

Poche donne...

«C’erano le annunciatr­ici. Curiosamen­te potevano lavorare liberament­e in tv le amanmeglio,

Chi è

● Vito Molinari, 90 anni la prossima settimana, è un regista televisivo e teatrale

● Per la Rai realizzò la regia della prima trasmissio­ne andata in onda il 3 gennaio 1954. In tv ha diretto oltre duemila trasmissio­ni e cinquecent­o Caroselli ti ufficiali di dirigenti e registi, ma non le mogli...».

Stagione dei primi varietà: fu lei a lanciare «L’amico del giaguaro».

«Nacque a tavolino, a Milano. Volevamo mettere insieme due comici e una soubrette: Raffaele Pisu aveva già fatto Controcana­le, Bramieri aveva fatto Leggerissi­mo. Con loro abbiamo chiamato Marisa Del Frate, recitava e ballava bene, spiritosa, divertente, sexy ma non troppo, amata anche dalle donne. A loro abbiamo aggiunto Corrado...».

Grande successo.

«Grandissim­o. Per molti anni. Era un finto quiz, pretesto per presentare scenette comiche, balletti, cantanti. Abbiamo fatto anche spettacoli di rivista in teatro in tutta Italia».

Che cos’era Corso Sempione a Milano?

«Per noi era il centro dell’universo: un gruppo di ragazzi inventava la tv...».

Durò poco però...

«Pugliese spostò la direzione a Roma e molti lo seguirono: vicino al potere si tratta anche sui budget. Io rimasi a Milano, ridotta a provincia dell’impero. Il vantaggio era quello di essere meno controllat­i e censurati».

I copioni pero dovevano essere approvati da Roma.

«Usavamo uno stratagemm­a. Inserivamo battute molto forti, che venivano subito tagliate. Cosi si salvava il testo originale».

Andò male con «Canzonissi­ma» di Dario Fo e Franca Rame: una censura storica...

«Della trasmissio­ne ero regista e coautore con Leo Chiosso. La prova generale veniva vista a Roma da Ettore Bernabei e da Piccioni, figlio del ministro. Molti interventi di censura, ma fino all’ottava puntata si va avanti».

C’era stato lo scandalo delle gambe della Rame...

«Un parlamenta­re Dc aveva fatto un’interpella­nza. La Rame non dovrebbe far vedere entrambe le gambe. Troppo sexy. Meglio una per volta...».

Ma lo scandalo fu un altro.

«Con Dario Fo volevamo mandare in onda uno sketch sulle morti bianche degli edili nei cantieri, per sollecitar­e misure di sicurezza. Veniva sempre censurato. Finché una settimana ci furono due morti bianche. Pensammo: è la volta buona. La censura Rai si oppose e ritirammo il copione: andarono in onda solo canzoni, senza presentato­ri e attori. Per Fo e Rame iniziò l’esilio».

Ha lavorato con Achille Campanile e Marcello Marchesi, colossi dell’umorismo.

«Persone eccezional­i. Campanile diceva: l’umorismo è il solletico al cervello. Marchesi è stato come un fratello maggiore. Indimentic­abile battuta: l’importante è che la morte ci

Gli esordi All’inizio eravamo un gruppetto di registi di teatro, quelli del cinema risposero picche

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