«Ammonire i cyberbulli serve, si continui a farlo»
Due anni fa il Parlamento all’unanimità ha varato la legge 71/2017, che a tutela dei minori disponeva norme di prevenzione e contrasto al cyberbullismo. La legge affidava l’incarico agli uffici scolastici di formare un docente referente per ogni istituto. Davanti al crescente cyberbullismo, al dramma delle vittime sfociato in autolesionismo, depressione, suicidi, dirigenti e docenti hanno aderito alla formazione e poi realizzato progetti educativi rivolti ai minori coinvolti e alle loro famiglie. Le questure hanno fatto scattare per adolescenti cyberbulli l’ammonimento, un procedimento amministrativo che cessa al compimento dei 18 anni, ma che comunque rappresenta un deterrente. Dove è stato applicato (a Varese in una decina di casi) non ci sono state recidive. Dunque, funziona. E ora? Prossimamente, la Commissione Giustizia, stimando scarsi gli ammonimenti, invece di intensificare la presenza della Polizia postale nelle scuole e promuovere piani integrati di intervento, porterà in Aula un provvedimento che cancella l’ammonimento (art.7) e obbliga il dirigente a trasmettere la segnalazione alla Procura presso il tribunale dei minorenni. Ma quale dirigente denuncerà nel dubbio un ragazzino? Le forze dell’ordine si vedono scippare uno strumento valido; i magistrati hanno un’incombenza in più; i genitori non si possono più rivolgere ai carabinieri sotto casa, insomma a chi giova? Alle famiglie, dice qualcuno, e come? Alla lobby dei legali, forse. Ma chi pensa ai nostri ragazzi?
La signora Lischetti sottolinea come ammonire i piccoli cyberbulli sia servito. Chiede che la misura non venga cancellata