Paure (e social) alimentano il voto irrazionale
La guida di Barone e Legrenzi
Votiamo da animali, non da dèi, parafrasando Yuval Noah Harari, che con il suo Sapiens (Bompiani) ha venduto 5 milioni di copie nel mondo raccontando come l’umanità si sia evoluta a furia di «immaginazioni». E dunque: decidiamo chi far governare spinti da eccessi di emozioni, istinti, passioni, più che da analisi razionali o consapevolezze stratificate dall’esperienza. Un voto viscerale. Si elegge la storia più bella, raccontata meglio, e si trascura, troppo spesso, ciò che appare un dettaglio ma che ha un impatto sulla trasformazione della realtà. È da questa brutale considerazione che nasce la Guida razionale per elettori emotivi (Luiss University Press, pp. 112, 14), saggio del giornalista Nicola Barone e dello psicologo e scrittore, esperto di neuroscienze, Paolo Legrenzi. «Una guida per aiutare gli elettori indifesi a muoversi nel grande oceano dei trabocchetti elettorali, insegnando loro a evitare le trappole emotive disseminate lungo il cyber-sentiero che porta al seggio», scrive Stefano Folli nella prefazione. Ma c’è ben altro, come avverte l’editorialista. Perché, se l’attenzione è oggi, insieme al tempo, il bene più prezioso, nella folla delirante di informazioni che ci sovrasta, la lotta per catturare l’attenzione è condotta abbassando sempre più il livello delle risorse emotive e cognitive necessarie alla fruizione.
«L’elettore non si comporta come potevamo immaginare — spiega Barone, che per anni ha seguito per “Il Sole 24 Ore” le elezioni politiche — e quindi noi che facciamo sforzi immani per dare conto dei programmi elettorali, finiamo per fare un lavoro in parte inutile». Lo stupore degli analisti di fronte ai successi del Movimento 5 Stelle o all’ascesa della Lega, tanto per citare due formazioni che hanno preso piede negli ultimi anni, nasce da una sottovalutazione: «Noi e anche molti politici continuavamo a identificarci con l’aspetto più culturale del cervello, senza considerare che quando c’è una paura, una crisi, la parte irrazionale prevale. Le paure continuano a funzionare come un tempo, anche quando disponiamo di un computo dei pericoli con cui dovremmo o potremmo confrontare la sensatezza dei timori quotidiani. Per i più questo confronto non avviene mai, e comunque non avviene mai quando un politico di successo imposta una campagna elettorale». Salvini docet? «Il leader della Lega lo sapeva già, e ha puntato molto su questi aspetti, ma non è l’unico. I social hanno dato la spinta».
La tendenza a cercare le notizie consolatorie, che confermano i nostri desideri, «può manifestarsi con una virulenza ignota in passato attraverso Facebook, Twitter, Instagram», spiega Legrenzi, studioso di punta nel campo della scienza della decisione. Gli scienziati hanno parlato di «tendenza alla conferma» e hanno scoperto che è una trappola in cui cascano anche intellettuali raffinati. I social aumentano le interazioni, ma sempre con chi ha punti di vista analoghi ai nostri. E così l’ambiente digitale diventa a sua volta motore di irrazionalità. Ma a che serve esserne consapevoli? «Il nostro intento non è paternalistico — precisano gli autori —. Non diciamo per chi votare, diamo solo indicazioni sui possibili effetti collaterali della scelta. Come leggere un bugiardino. Diamo strumenti per capire, per fare scelte più informate, pragmatiche e allargare lo spazio di comprensione. È l’unico antidoto contro i pifferai magici».