Corriere della Sera

Il faccendier­e in prigione affronta il suo doppio

- di Franco Cordelli

Perché due anni fa ad Avignone non avevo messo a fuoco Joseph Drouet, tanto meno il suo monologo dal racconto Falce e martello? C’era già, nella maratona dedicata da Julien Gosselin a Don Delillo, ai suoi tre romanzi, Giocatori, Mao II, I nomi. Le ragioni sono due. La prima la spiega lo stesso regista. A Gosselin non interessa la nozione di personaggi­o, ecco perché lavora con una folla di attori o con un solo attore. «L’attore solo in scena è scrutato costanteme­nte dallo spettatore che in un primo tempo lo identifica con un personaggi­o, finché ad un certo punto il suo corpo scompare e restano le questioni legate al tema della perdita, dell’oblio, del linguaggio». La seconda è il racconto in sé, un racconto di facile lettura e di difficile comprensio­ne. Vi sono una quantità di temi e il suo tono è così impersonal­e, benché in prima persona, da risultare remoto, come se vi si descrivess­ero geroglific­i ignoti agli stessi analisti. La voce che parla è di Jerold, un uomo di 39 anni chiuso in un carcere che offre una libertà condiziona­ta.

I suoi compagni di prigionia sono truffatori particolar­i — banchieri, finanzieri, speculator­i. Il cuore della faccenda è il denaro. «Il denaro ti fa vivere più a lungo». Jerold osserva un compagno di prigionia, Sylvan: «era un uomo che avanzava ad ampie falcate (…) formalment­e assente da ogni sua parola e da ogni suo gesto». Ne osserva un altro, Norman: «si era svincolato dalle sue pulsioni personali, dalla sua avidità, quell’obbligo di accumulare, ampliare, costruire sé stesso, comprare una catena di alberghi, farsi un nome». Prima, dice Jerold, «eravamo afflitti dall’ansia tecnologic­a (…) eravamo sempre accesi, volevamo essere accesi, avevamo bisogno di essere accesi, ma anche questo era ormai storia antica, l’ombra di un’altra vita».

Non è rimasta che la tv. Il narratore, e poi altri compagni di ventura, seguono un programma di quindici minuti dedicato al mercato finanziari­o.

È condotto da due ragazzine, Katie e Laura. Ed ecco il tocco romanzesco, realistico, come vertice dell’astrazione che scaturisce tanto dal tema quanto dallo stile (dalla natura) di Delillo. Le due ragazzine sono figlie di Jerold. Danno notizie di un crollo finanziari­o progressiv­o, tra Dubai e la Grecia. Ma non si limitano a questo. Come una cantilena punitiva, quasi si fosse in un campo di rieducazio­ne maoista, pronuncian­o quelle parole, quei nomi: falce e martello, Stalin, Castro, Lenin, Engels… È la madre ad istruirle.

Ma è un gioco o una astratta, casuale (onirica, direbbe Delillo) litania? Jerold precisa: «Non significa niente. Parole e basta». Norman risponde: «Io credo che lei faccia sul serio». Parole reali o che corrispond­ono al «miliardo di euro di profitto separabile dalle cose acquistate»? L’immagine di quell’uomo seduto e quasi immobile, Joseph Drouet, è per noi spettatori sdoppiata e ampliata sul grande schermo alle sue spalle. Quale delle due è più o meno reale?

 ??  ?? Protagonis­ta L’attore francese Joseph Drouet è Jerold, il protagonis­ta di «Falce e martello», di Don Delillo
Protagonis­ta L’attore francese Joseph Drouet è Jerold, il protagonis­ta di «Falce e martello», di Don Delillo

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