La solitudine di Marc fenomeno senza rivali, a perderci è la Motogp
Marquez record, ma anche a lui servono avversari forti
C’è una domanda inevitabile: e adesso chi lo ferma più? Marc Marquez macina record e avversari. Vince gare a ripetizione, aggiorna le statistiche e non sembra minimamente appagato. Cinque vittorie di fila, con l’ultimo Gp d’australia, undici nel corso di una stagione che potrebbe eguagliare un altro primato, per altro suo, di una carriera fin qui impressionante.
Se dovesse imporsi negli ultimi due appuntamenti (si riparte dalla Malesia domenica), eguaglierebbe il Mondiale del 2014. Questo è il cannibale, in numeri e primati uno che ha già segnato un’epoca. E ha solo 26 anni, con 8 titoli archiviati. Di questo passo il 93 potrebbe persino raggiungere l’insuperato Agostini che di mondiali ne ha vinti 15 in due classi diverse. Ma questo accadeva quando si correvano due categorie in un giorno e di gran premi se ne disputavano assai meno di oggi.
La Motogp vive di grandi antagonismi, come ogni sport individuale. Chi ha lasciato un segno, l’ha fatto misurandosi con avversari di pari spessore. Nelle due ruote «Ago» ha trovato Hailwood sulla sua strada e infine Phil Read; Kenny Roberts se l’è vista con Barry Sheene; Eddie Lawson con Freddie Spencer, Rainey e Schwantz. Per venire ad anni più vicini a noi, Valentino Rossi ha battuto dei veri mastini, come Stoner e Lorenzo. E infine ha incontrato Marquez.
Al suo debutto il Dottore ha diviso il tifo con Biaggi, una rivalità vissuta a tutto campo, in pista e fuori, e sfociata in un’antipatia che ha scavato un solco incolmabile tra tifosi delle due parti. Oggi verrebbe quasi da rimpiangerla, una stagione come quella, perché Marquez sembra destinato a misurarsi solo con se stesso. Non è certo colpa sua, ci mancherebbe. Il catalano è un talento puro, stupisce ogni volta per le acrobazie che tira fuori da un cilindro di prodezze inesauribile.
Ha raggiunto una piena maturità agonistica e ha ulteriormente affinato le sue doti. Non sbaglia un colpo e non cade nemmeno più. Come se avesse sviluppato la capacità di intuire il limite, per sfiorarlo con la naturalezza di un equilibrio solo apparentemente precario. Marc non ha punti deboli, supportato da una moto disegnata per lui. Un vestito che nessun altro può indossare con altrettanta efficacia, ma tant’è, il suo stile di guida non ha eguali. Ma persino chi brilla di luce propria con tale intensità, deve riflettersi nello specchio dei suoi avversari. Specchio che oggi appare appannato. Per ragioni diverse.
Gli avversari storici sono imbrigliati nei loro problemi. Valentino non riesce a sbrogliare il mistero di una Yamaha che ne inibisce ogni volontà di riscatto. Jorge Lorenzo è sprofondato nel limbo di una presenza evanescente. Andrea Dovizioso non riesce più a mettere il fenomeno alle corde, con la frequenza di una volta. Protagonisti estemporanei, come Rins e Viñales, sulla distanza mostrano una stoffa ancora friabile. Marquez, al contrario, è una macchina da guerra. Ma persino lui ha bisogno di avversari consistenti. La Motogp aspetta la definitiva maturazione di Quartararo, indicato persino da Marquez come il suo prossimo antagonista. Il rookie francese promette bene e con una moto ufficiale potrebbe stupire. Lui intanto si schernisce, è comprensibile, la pressione del confronto finirebbe per schiacciarlo. È già successo quando fu designato il fenomeno del futuro, al suo debutto nel Motomondiale. In quasi cinque stagioni ha poi vinto una sola gara. Domenica a Sepang, l’aspetta l’ennesima prova sul campo.
Grandi dualismi
Il Motomondiale vive di spettacolari duelli Da Agostini-hailwood all’era Rossi-biaggi