Di Maio alza i toni: il Pd? Non siamo alleati
Il leader 5 Stelle avverte sui rischi per il governo. Tensione tra i dem: l’esperimento non funziona, così salta tutto
ROMA Nessuno vuole andare a votare, ma tutti temono che la corda, a forza di tirare con energia pari e contraria, finirà per spezzarsi. L’avvertimento di Luigi Di Maio sul caso Ilva ha fatto scattare l’allarme al Nazareno, dove Nicola Zingaretti è costretto più volte al giorno a placare e rassicurare: «Io non voglio in alcun modo andare a votare». Ma il segretario è tormentato e legge i segnali che arrivano dal M5S come mine sulla coalizione. L’ultimo è il proclama di Di Maio sulla natura del patto con il Pd: «A livello nazionale non è un’alleanza, ma un governo che mette insieme i voti perché non abbiamo raggiunto il 51 per cento dei consensi». Parole inconciliabili con la strategia di Zingaretti, che guarda a un’alleanza strutturale con il M5S.
Se i rapporti sono questi, come avverte il vicesegretario del Pd Andrea Orlando, rimasto fuori dal governo, «qualunque problema rischia di trasformarsi nell’incidente fatale». Eppure, ecco che Di Maio di nuovo tira la corda e avverte: se il Pd presenta un emendamento che reintroduce l’immunità per i vertici di
Arcelor Mittal, «c’è un problema per il governo». I numeri al Senato sono a rischio e la ex ministra del M5S Barbara Lezzi, che guida la fronda dei nemici dello scudo, non ha intenzione di recitare il mea culpa. Tra l’altro Di Maio affidò proprio a lei il compito di intervenire in aula quando si trattò di togliere la protezione. Un corto circuito che preoccupa il Pd, a sua volta spaccato tra governisti a oltranza e nostalgici delle urne, stufi di un esecutivo che ritengono troppo rissoso e inconcludente.
«I 5 Stelle sono incompatibili con il governo», è la convinzione che dilaga tra i parlamentari dem, dove deputati e senatori osservano con agitazione crescente le difficoltà in cui gli alleati si contorcono. Il Movimento appare agli alleati «del tutto privo di regia», alla Camera è senza capogruppo da cinque settimane. Tra martedì e mercoledì il capo politico presenzierà all’assemblea e si prevedono molte assenze polemiche. Ad aggravare il quadro, i sondaggi registrano un vistoso calo di consensi per Giuseppe Conte.
Un clima che produce riflessioni di questo tenore fra i deputati del Pd, sempre più agitati e infastiditi: «L’esperimento con il M5S non ha funzionato. Non possiamo continuare a dare il sangue e prendere pietre. La situazione è brutta, così il governo salterà presto». Comincia a temerlo anche Conte, convinto che
Zingaretti e compagni si siano stancati davvero delle nozze coi 5 Stelle e pensino al divorzio. Calendario alla mano, la rottura potrebbe verificarsi dopo la manovra e prima del voto in Emilia Romagna, il 26 gennaio.
L’accelerazione negli ultimi giorni è apparsa così intensa che Dario Franceschini, autore del teorema «a forza di tirare la corda si spezza», dalle colonne del Corriere ha spronato a fermarsi «prima che sia tardi» e ha suggerito di costruire una maggioranza politica che faccia da argine al governo. Matteo Renzi sembra aver colto il messaggio. A Repubblica ha affermato di ritenere il voto un «suicidio di massa» e ha prospettato non solo la sconfitta del centrosinistra in tutti i collegi con il Rosatellum, ma anche la débacle alle Regionali in Emilia Romagna, Toscana e Lazio, la regione governata da Zingaretti. Il problema è che dell’ex premier i dem si fidano poco e si aspettano che riprenda a bombardare l’esecutivo di cui fa parte.
Italia Viva da una parte e Movimento dall’altra, ecco la tenaglia che rischia di stritolare il Pd e che fa pronunciare scongiuri al ministro Franceschini, capo delegazione del Nazareno: «Non sono rassegnato». Poi il monito, diretto, sia a Renzi che a Di Maio: «Stando in una squadra bisogna passarsi la palla a vicenda, non farsi dispetti e sgambetti. È così che si vince». Il problema è quando capitano e giocatori si sentono destinati a perdere. «Finita la legge di bilancio — batte un colpo Di Maio, in giorni così tesi che nemmeno i pontieri si parlano più — dobbiamo metterci di nuovo al tavolo con il Pd, per creare un patto di governo più stringente, con gli obiettivi che vogliamo raggiungere per gli italiani». Al Nazareno tutti si chiedono se quel giorno ci sarà ancora un tavolo.
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