Corriere della Sera

IL MURO NON CROLLÒ FU ABBATTUTO DAL POPOLO

- Stefano Bianchi

Caro Aldo, in occasione del 30° anniversar­io del «9 Novembre a Berlino» sarebbe giusto ricordare a tutti, soprattutt­o alle giovani generazion­i, che quell’evento va nominato con la sua definizion­e corretta: abbattimen­to del muro di Berlino. Continuare a definirlo «caduta» oltre che un’offesa alle capacità profession­ali degli ingegneri russi e tedeschi, che l’hanno progettato ed eretto, è intellettu­almente disonesto ed è un grave insulto alla memoria di quelle centinaia di cittadini tedeschi che, negli anni, hanno messo in palio e perduto la loro vita per eliminarlo. E ciò per condivider­e la libertà dalla tirannia al prezzo dell’incolumità, della galera, della vita. Sarebbe anche un concreto omaggio alla recente «Mozione Segre».

L

Caro Stefano, ei ha ragione. Il Muro di Berlino non crollò da solo; fu abbattuto dal desiderio di libertà dei tedeschi della Ddr e in generale dai popoli dell’est europeo, come testimonia­no due bei libri dedicati a quei giorni di trent’anni fa, «Il muro che cadde due volte» di Antonio Polito (Solferino) e «Anime prigionier­e» di Ezio Mauro (Feltrinell­i).

Venne il momento in cui sparare su giovani che volevano rifarsi una vita dall’altra parte della cortina di ferro apparve insostenib­ile (anche perché erano ormai saltate le frontiere e il Muro lo si poteva aggirare). E questo non perché l’europa occidental­e abbia avuto un sussulto d’orgoglio, ma perché l’unione sovietica appariva ormai debole, incapace di imporre l’ordine dei carri armati. Il tentativo di Mikhail

Gorbaciov di riformare il comunismo si rivelò così destinato al fallimento; e l’occidente vinse la guerra fredda più per demerito dell’avversario che per meriti propri, anche se il coraggio di Reagan e di Wojtyla contribuir­ono a far vacillare quel retaggio della seconda guerra mondiale e della prima guerra fredda che aveva diviso una delle capitali d’europa.

Come, a distanza di decenni, si possa avere nostalgia di quel mondo, governato da una nomenklatu­ra ottusa e brutale, avvelenato dall’inquinamen­to, minato da un controllo poliziesco che metteva le persone l’una contro l’altra, è un mistero che nessuno riuscirà a svelare. Va detto che l’europa non ha colto appieno le opportunit­à che quella svolta storica all’apparenza improvvisa le aveva offerto.

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