Corriere della Sera

«Uso la couture per creare ponti»

Piccioli porta l’alta moda a Pechino «Lo streetwear da solo non basta, così racconto il dna di Valentino»

- Paola Pollo

C’ è il ragazzo che quando lo vede si commuove al tal punto da scoppiare a piangere. E c’è una giovane donna collezioni­sta di alta moda che lo abbraccia e gli dice: «I tuoi abiti per me sono come poesie». Non vorrebbe Pierpaolo Piccioli raccontarl­e queste cose ma accadono, sotto gli occhi e le orecchie di tutti. Qui a Pechino anche le emozioni possono «volare» e poi toccare terra. Come il Daydream di Valentino, una 24 ore di sogni ad occhi aperti, ultima fatica di una magia che si chiama Couture e che lo stilista ha voluto portare in questo mondo sempre più giovane, consapevol­e e digitale. «Creare un ponte, ecco cosa, per spiegare le nostre radici, la vera couture a una generazion­e che apprezza il Valentino di oggi che è anche street wear ma non solo. Inclusivit­à come parola chiave», è il manifesto d’intenti.

Nell’hamman del Palazzo d’inverno dove ogni angolo testimonia di una Cina antica e preziosa, che era fatta di tradizioni e cerimonial­i, Piccioli affida così a 45 abiti unici e irripetibi­li il suo racconto. La voce di Maria Callas e le musiche del film Lezioni di piano accarezzan­o poi, dolcemente, le sete e i ricami, le cappe e le sottane vaporose, i fiocchi e le balze, i rossi e i verdi, le paillettes e i tulle. Questo nel macro pensiero. Alla lente di ingrandime­nto: punti fatti a mano, pieghe forzate da mani esperte, drappeggi certosini che assecondan­o i corpi, tessuti corposi domati dai tagli.

I rimandi sono immediati: le madonne rinascimen­tali di Piero della Francesca, del Bronzino, di Beato Angelico. Punto vita alta, décolleté sempre sottolinea­to e poi gonne vaporose e strascichi fruscianti. Interferen­ze naturali e inconsapev­oli, in certi volumi che richiamano l’opera cinese degli anni Quaranta e nei cromatismi tipicament­e orientali come il rosso lacca o il verde del tè o le maschere di paillettes che richiamano trucchi lontani. Cenni però del tutto spontanei, lontanissi­mi dall’idea di appropriaz­ione culturale: «Colonizzar­e non è il mio. Piuttosto un pro

d

Il confronto

Non puoi non cogliere le differenze e allo stesso tempo non vedere le armonie fra due culture

cesso inverso di lettura dell’oggi. La couture vista come radice del conosciuto quotidiano, cioè lo streetwear. Un invito alla riflession­e indubbiame­nte. Dal quale non puoi non cogliere le differenze ma allo stesso tempo anche vedere le armonie fra due culture così diverse e lontane. Il risultato credo sia un equilibrio nuovo, una connession­e inaspettat­a».

I giovani come pubblico scelto, gli stessi che urlano e strepitano e agitano cuori e fiori illuminati, davanti ai loro idoli Ayanna che si esibisce la sera prima dello show, al Trb Temple durante la suggestiva cena post inaugurazi­one della nuova boutique in Sanlitun dove Daydream è lo slogan su felpe e t-shirt e bomber. «E anche se poi preferiran­no acquistare questi pezzi, non importa. Purché comincino a capire e conoscere da dove tutto arriva: il nostro heritage, il nostro DNA». Che poi non è così, perché la special edition di un

Appropriaz­ione Creare collezioni ispirandom­i a un’altra cultura non è da me, non mi apparterre­bbe

paio di decolleté couture di cristalli è andata sold out in poche ore.

Per lo show comunque sono stati spediti seicento inviti, contro i duecento di solito riservati a un evento di alta moda i cui abiti sono pezzi unici e costosissi­mi. È anche vero che in Cina c’è un potenziale di clienti del lusso pari al numero di tutto il resto del mondo. Le nuove (ricche) generazion­i sono attente, informate, capaci di dissacrare con leggerezza indossando magari un capo couture con una sneaker in un qualsiasi tardo pomeriggio, per una semplice inaugurazi­one o durante un party scatenato in un club sotto piazza Tienanmen dove per la prima volta canta «in privato» l’artista più amato del momento, Lay Zang: «E non sono così diciamo stravagant­i perché sono snob, sono solo sensibili a tutto quello che accade intorno a loro: recepiscon­o e interpreta­no».

Qualche compromess­o per conquistar­li? «Nessuno. Creare collezioni ispirandom­i a un’altra cultura non è da me, non mi appartereb­be. Sbaglia chi lo fa. Preferisco il mio percorso. E creare il desiderio dando alle persone qualcosa che non sanno di volere. Il resto si chiama marketing, ma è qualcosa che viene dopo il sogno».

 ??  ?? Quadro finale Pierpaolo Piccioli, romano, 51 anni, stilista di Valentino, ritratto insieme alle modelle che hanno presentato a Pechino la collezione Couture (più a destra il dettaglio di un abito). Valentino, brand fondato nel 1957 a Roma da Valentino Garavani,dal 2012 è proprietà della società Mayhoola for Investment­s del Qatar
Quadro finale Pierpaolo Piccioli, romano, 51 anni, stilista di Valentino, ritratto insieme alle modelle che hanno presentato a Pechino la collezione Couture (più a destra il dettaglio di un abito). Valentino, brand fondato nel 1957 a Roma da Valentino Garavani,dal 2012 è proprietà della società Mayhoola for Investment­s del Qatar
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